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I paradossi del doppio cognome dopo la sentenza della Consulta

Sono circa trecentocinquantamila i cognomi italiani. Tra i dieci più diffusi, il primo – neanche a dirlo – è Rossi, seguito a ruota da Russo, Ferrari, Esposito, Bianchi, Romano, Colombo, Ricci, Marino, Greco. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale dell’8 novembre scorso (che suona anche come una denuncia dei ritardi del Senato nell’approvazione del testo di legge passato alla Camera nel settembre 2014), i nostri figli potranno finalmente averne anche due. È un altro passo significativo sulla strada della parità dei diritti civili. Scorrendo l’elenco telefonico, in futuro potremmo così imbatterci nel signor Carta Carbone, Campo Santo, Basso Altissimo, Spina Di Rosa. Le combinazioni più stravaganti sono potenzialmente smisurate, grazie al superamento dell’attribuzione automatica del cognome paterno, che secondo la Consulta è il “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia”.

In ogni caso, i cognomi continueranno ad affascinare il vanitoso e il curioso (con l’araldica), e l’enigmista (con i ludogrammi). Per esempio, lo sapete che Berlusconi è eterogrammatico? Niente paura, il termine non è da querela. Vuol dire semplicemente che il suo cognome, benché composto da dieci lettere, non ne ha neanche una che si ripeta. Il Cavaliere, invece, probabilmente potrebbe adontarsi se venisse a sapere che il suo patronimico significa “due volte losco” (“bis-luscus”). Ma sbaglierebbe. Infatti, lo è non sotto il profilo morale, ma clinico: “luscus” deriva da “luce captus”, ossia orbo da entrambi (bis) gli occhi; e dunque lontano parente di tutti i Del Guercio, i Guerzoni, i Guercino.

Ora, qualunque sia il giudizio sulla sua figura di leader politico, bisogna ammettere che nel suo caso il vecchio detto latino “nomen omen” (nel nome di una persona è indicato il suo destino) non calza proprio a pennello. Riconosciamogli, cioè, almeno il merito di aver visto -e intercettato- lucidamente il rancore viscerale che vent’anni fa aveva investito la Prima Repubblica. Ciò che è accaduto dopo, più che storia, è ancora cronaca.


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