Per il governativo Sì le previsioni promettono un netto miglioramento, anche se il fronte avverso è agguerrito come non mai. Quindi ogni scenario per il dopo referendum rimane apertissimo e, come sempre in Italia, assai complesso da prevedere.
Se vince il Sì nulla quaestio: la legislatura sarà destinata alla scadenza naturale con un Matteo Renzi loquace come non mai, pronto a riscuotere il dividendo interno ed incoronarsi (per anni) “Granduca” del Nazareno, una sinistra interna al PD costretta ad emigrare pena l’inesistenza politica, un centrodestra pressoché annichilito (Berlusconi – abilmente – ha detto cosa farà dopo la vittoria del No, ma non dopo un’affermazione del Sì), e i Cinque Stelle intenti a sbrigare le “faccende” di casa (il caso delle firme in Sicilia come a Bologna e, soprattutto, la vertenza Raggi nella capitale), consapevoli comunque di essere rimasti ormai l’unico argine all’avanzata del “Granducato d’Italia”.
Se invece dovesse prevalere il No – come tutti i sondaggi fino a qualche settimana facevano prevedere – cosa succederà? Matteo Renzi – più di ogni altro leader – si giocherà davvero tutto. Il Premier non potrà, in quel caso, sbagliare sia sul fronte interno dove “i rottamati” torneranno a chiedere la sua testa di segretario (per la quale comunque servirà un congresso e quindi vari mesi di tempo), sia sul fronte “Quirinale”. Ma soprattutto, non potrà né dovrà deludere i milioni di cittadini che domenica 4 dicembre – da destra, come da sinistra e dal centro – gli faranno fiducia.
Ecco che le scelte, allora, non potranno che essere consequenziali a quanto affermato e ribadito in campagna elettorale. Quindi? Dimissioni da Premier e il “no expedit” ad ogni ipotesi di sostegno o partecipazione ad un nuovo Governo. “Chi avrà vinto il referendum – sarà l’ovvia motivazione del rottamatore (allora dimezzato) – avrà il diritto-dovere di governare e di dare all’Italia un nuovo sistema elettorale”.
Insomma una sorta di “vedetevela voi” che significherà pressioni da ogni dove (anche dall’interno del “cerchio magico”) ma anche un consenso ferreo nel Paese per aver tenuto testa – pubblicamente – alla Casta, non aver accettato compromessi (anche lusinghieri) e – con ciò – aver mantenuto le promesse elettorali.