Charles Bernardini è uno dei massimi esponenti della comunità italo americana di Chicago. Avvocato, è tra le altre cose specializzato nell’accompagnare le aziende italiane nei propri investimenti negli Stati Uniti, per anni presidente della potente Camera di Commercio Italo Americana in Illinois. Di origini emiliane è tra gli organizzatori in italia del “Porretta Soul Festival” in cui arrivano ogni anno i migliori artisti americani della musica soul e R&B. Da sempre democratico è stato mentore e amico personale di Obama fin dalla sua elezione a Senatore dell’Illinois, partecipando attivamente all’organizzazione delle sue campagne presidenziali nel 2008 e nel 2012.
Da democratico di lungo corso, si aspettava o aveva intuito la possibilità di una vittoria che sembra potersi definire personale di Donald Trump più che del Partito repubblicano?
Nei giorni prima della votazione, i sondaggi davano Hillary in vantaggio di 3-4 punti. Ho sempre commentato: “Ma ricordiamoci la Brexit, quando i sondaggi sbagliavano perché la gente non voleva ammettere cosa intendeva votare”. C’è stato, tra le molte persone favorevoli a Trump, un certo imbarazzo nell’ammettere le proprie intenzioni di voto.
Che differenze ha notato tra questa campagna e le due precedenti che hanno portato a una vittoria così netta dei democratici?
Noto prima le similarità: Obama rappresentava il cambiamento. Trump prometteva il cambiamento. Obama ha raccolto il voto della classe operaia bianca in stati industriali del Nord. Trump anche. La differenza principale era nel “tono”, cioè gli insulti e le volgarità di Trump erano interpretati come espressioni di franchezza. Poi, ha attaccato la Clinton in maniera mai vista, a livello personale, chiamandola “criminale” e “debole”. Lei e i suoi (Obama stesso) hanno definito Trump razzista, e misogino. In passato, anche se un candidato non aveva grande stima per l’altro, non sarebbe mai sceso a un simile livello.
A cosa attribuisce la sconfitta di Hillary Clinton?
Innanzitutto, Trump (come Sanders nelle primarie Democratiche) si è fatto portavoce dei sentimenti della classe operaia americana (e principalmente degli operai bianchi), proprio la categoria che ha visto la sua posizione economica indebolirsi di più negli ultimi 20 anni, in particolare dopo il Nafta (l’accordo di libero scambio trai paesi del Nord America ndr) e altri patti internazionali, mentre le aziende hanno iniziato a trasferire i posti di lavoro in Cina e Messico. Hillary poi era sulla scena da 30 anni e rappresentava – negli occhi di alcuni – “l’establishment” e non un cambiamento. Infine, la mancanza di popolarità e di entusiasmo per lei dimostrato dai più giovani ha portato meno persone di 16-18 anni a votare. Troppi elettori Democratici hanno considerato che non valesse la pena andare a votare per lei.
La vittoria di Trump è da leggersi anche come una bocciatura dell’ultimo mandato del Presidente Obama?
Al contrario, senza i suoi sforzi nel sostenere Hillary, lei avrebbe perso in modo peggiore. Obama gode da mesi di una popolarità crescente con gli americani. L’economia americana va benissimo per chi abita in grandi città o è professionista o laureato e, infatti, Clinton ha vinto con quei gruppi e in tutte le grandi città. Ricordiamoci che Hillary ha ottenuto 2 milioni di voti in più di Trump a livello nazionale. Il problema è che negli stati del sud, nella campagna americana, negli stati “piccoli” che hanno una voce sproporzionata nel sistema elettorale americano, concepito nel 17° secolo per salvaguardare gli interessi rurali, lo staff di Hillary non si è reso conto dell’ira contro il sistema, contro la globalizzazione, contro la realtà del mondo moderno che almeno in Usa sta lasciando indietro diverse classi di cittadini. Lei e i suoi non hanno affrontato questo sentimento come ha fatto Trump.
A giudicare dalle prime dichiarazioni il nuovo Presidente cambierà molto di quanto realizzato dal suo predecessore, prima di tutto naturalmente gli uomini e le donne nei posti chiave. Quali sono i maggiori pericoli di tali cambiamenti?
Per Attorney general (capo del dipartimento di giustizia) ha scelto un senatore dell’Alabama che è stato bocciato come giudice 30 anni fa per dichiarazioni razziste. Per Consigliere sulla Sicurezza ha scelto uno che ha insultato la religione musulmana. Sabato scorso a Washington, a un convegno della destra estrema (“Alt Right”) in lingua tedesca, facevano propaganda nazista, in favore della razza bianca parlando di Trump come “non uno di noi, ma uno che ha una connessione psicologica con noi, cioè più profonda di quella che abbiamo con altri repubblicani.”
Che ripercussioni potranno avere i cambiamenti proposti da Trump nella politica interna?
I repubblicani ormai controllano il Congresso, la presidenza e la maggior parte delle legislature statali. I democratici avranno poche opzioni, oltre a poter fare appello ai tribunali e all’opinione pubblica. In 2 anni ci saranno le nuove elezioni del MidTerm e se i repubblicani non portassero risultati positivi o se esagerassero potrebbe esserci un capovolgimento.
Hillary ha perso perché il Paese non è pronto a un presidente donna, o almeno non era pronto dopo aver eletto il primo presidente di colore?
Hillary non ha ricevuto le percentuali di sostegno dalle donne che Barack ha ricevuto dagli afro-americani. Non c’era per lei lo stesso entusiasmo che c’era per Obama. Trump ha accusato Hillary di “non avere più la forza fisica” e di “essere malata”, tutte dichiarazioni che volevano intendere e comunicare che una donna non è adatta alla presidenza. Certamente fra alcuni elettori questo argomento ha fatto presa.
Secondo lei il presidente Obama dovrebbe guidare l’opposizione contro Trump continuando a fare politica attiva o ritirarsi, come aveva auspicato, a una vita privata?
Nel nostro sistema, non potrebbe farlo. Sarà una voce importante, ma ci vuole qualcuno sul campo per guidare l’opposizione. Sarà uno dei senatori democratici a farlo, vediamo chi emerge.
Quante possibilità ci sono che Michelle Obama corra per la presidenza nel 2020? Sarebbe la persona giusta?
Zero. Non ha interesse. Ed è così credibile proprio per questa sua indipendenza e atteggiamento.
Una domanda sull’Italia. Sta seguendo le vicende sul referendum? Da importante esponente della comunità italo-americana di Chicago che opinione si è fatto sulla comunità dei nostri expat? Seguiranno il forte appello al voto del Governo? E se andranno a votare, secondo lei, cosa voteranno?
Il primo ministro Renzi è stato a Chicago recentemente. Ha fatto un’ottima impressione sulla comunità di expat, con gli uomini d’affari americani e giornalisti. Ha trovato molto consenso sul referendum. Dopo le nostre elezioni, fare previsioni è pericoloso. Dico solo che dalla mia famiglia a Chicago arriveranno 3 Sì.