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Eni, Maire, Total. Chi attende il rialzo dei prezzi del petrolio

Finita l’era dei risparmi per le oil service, ricomincia quella delle prospettive rosee per le major? Vero, almeno in teoria, visto che il prezzo del petrolio, dopo il cambio di rotta dell’Opec ha ripreso vigore e potrebbe impattare in maniera positiva appunto sulle società che fanno ricavi e guadagni producendo petrolio. Come Eni, per cui un dollaro al barile in più equivale a 300 milioni di euro di giro d’affari. Non è certamente l’unica variabile da considerare, altri fattori giocano un ruolo: per esempio il dollaro che se sale di 5 centesimi contro euro si traduce in 200 milioni di Ebit per la stessa società.

VINCITORI E VINTI
Ma il cambio di rotta dell’Opec lascerà sul campo vincitori e vinti, tra le società. Di certo “non ci è ancora riflettuto nei titoli – scrive in un report Martijn Rats, analista di Morgan Stanley – e potrebbe nel medio termine spingerli al rialzo. Ma nell’immediato ci aspettiamo per le major europee ancora pressione su utili e cash flow nel terzo trimestre: pressione che scemerà a 12-18 mesi, quando il trend di riduzione di costi insieme a prezzi solo in modesta crescita, porterà un significativo aumento del free cash flow. Il rendimento medio è a 1,9 volte quello di mercato, rispetto a una media storica a 30 anni di 1,3 volte, ma il dividend yield dei nostri titoli preferiti, Shell e Royal Dutch Shell è di circa il 7%”.

LE OIL SERVICES
Difficile fare previsioni sui titoli anche perché, negli ultimi sei mesi, con il petrolio anche a 30 dollari, i le società dei servizi legati al petrolio hanno mostrato divergenze significative. “Gli utili delle società di ingegneria e costruzione offshore – spiegano gli analisti di Barclays Mick Pickup e Vladimir Sergievskiy – sono solidi e non riflettono ancora il deterioramento nel portafoglio ordini, dimezzato da metà 2014. Mentre il mercato si aspetta che il picco delle ordinazioni per le E&C onshore sia vicino, al contrario di quello che dicono le stesse società e di quello che crediamo noi. Le valutazioni non corrispondono ai fondamentali e questo può creare opportunità di investimento”. Quali? Per esempio, la britannica Petrofac, la spagnola Tecnicas e l’italiana Maire Tecnimont, “tre società onshore ben posizionate per generare cash flow, nonostante trattino a sconto tra il 30 e 50% rispetto alle medie storiche a sei anni”. Nell’offshore, dove non si intravede alcun recupero prima del 2019, “overweight per Saipem, grazie al potenziale turnaround, prospettive di un solido deleveraging e valutazioni depresse”.

LE EMISSIONI OBBLIGAZIONARIE
Non solo azioni: anche sulle obbligazioni degli emittenti energy, le future mosse del cartello petrolifero, potrebbero essere una spinta. In particolare, per i titoli in euro di Eni, Royal Dutch Shell, ma anche Repsol e Total. O anche titoli nelle divise legate al settore energetico come Statoil in corone norvegesi, Gazprom e Novatek in rubli russi, Suncor Energy in dollari canadesi, e infine Exxon Mobile, Chevron, Petrobras, Pemex e Magellan Midstream in dollari Usa o CNOOC in dollari di Honk Kong.


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