La prossima ministeriale dell’Agenzia spaziale europea (Esa) di dicembre arriva in un momento molto importante e delicato per il sistema spaziale europeo e italiano. Le attività spaziali – siano esse di ricerca o con scopi direttamente commerciali – sempre di più determinano ricadute notevoli sui Paesi che vi investono le loro risorse finanziarie; si tratta di investimenti utili a mantenere e rafforzare, oltre alla superiorità tecnologica, la capacità di sviluppare applicazioni e prodotti in grado di influire in modo pregnante sulle nostre società. Il 2016 è stato caratterizzato da importanti conquiste: l’arrivo nell’orbita di Giove di Juno, la missione Nasa con un’importante partecipazione dell’Asi; o ExoMars, che, nonostante il test di discesa Schiaparelli sia finito in modo tutt’altro che soft, consente all’Esa di avere un satellite nell’orbita di Marte che trasmette tanti e utilissimi dati; e poi il successo di Vega, il lanciatore europeo progettato e sviluppato in Italia, entrato a pieno titolo nella space economy, portando in orbita quattro satelliti di Terra Bella di Google e il satellite istituzionale peruviano, Perusat. Non è quindi un caso che il tema della space economy abbia acquistato una grande importanza nel determinare le decisioni delle politiche spaziali dei diversi Paesi. Un’evoluzione che rafforza alcune priorità nazionali derivanti da esigenze strategiche, industriali e infrastrutturali, vista la capacità del sistema-spazio di essere l’abilitatore dei sistemi terrestri: oggi l’infrastruttura spaziale può ottimizzare e potenziare le infrastrutture terrestri.
Il lanciatore Vega, su cui l’Italia ha investito tanto, fa certamente parte degli interessi nazionali nel settore spaziale. La conferma di questo è arrivata il 3 novembre scorso a Parigi, quando gli Stati partecipanti al programma Vega hanno approvato all’unanimità la proposta, fortemente voluta e sostenuta dall’Italia, di un programma di miglioramento delle performance del lanciatore di concezione italiana. Con la modifica della declaratoria di sviluppo del Vega-C – che era stata approvata al Consiglio ministeriale del 2014 – l’Italia ottiene il consolidamento della configurazione del piccolo lanciatore, Vega-C (il volo di qualifica è previsto a metà 2019). Grazie al potenziamento del motore del primo stadio P120C e all’incremento delle dimensioni della cuffia (ogiva) del lanciatore, sarà finalmente possibile imbarcare satelliti radar, equipaggiati con ingombranti antenne radar ad apertura sintetica (Sar), inclusi i satelliti italiani Cosmo-SkyMed e quella della costellazione Copernicus dell’Unione europea. In poche parole, il Vega si appresta a diventare più competitivo, in grado di allargare il suo mercato, grazie alla decisione Esa di ridurre i costi, garantendo allo stesso tempo maggiore flessibilità al sistema grazie allo stadio alto equipaggiato con un motore a ossigeno e metano liquido (Vega-E). Portare a casa l’evoluzione del Vega è stato un risultato importante e tutt’altro che scontato, che conferma la centralità del prodotto italiano nell’architettura dei lanciatori europei.
Ma per l’Italia ci sono anche altre priorità: come la definizione di un piano chiaro ed efficiente per ExoMars 2020; o la missione di Osservazione della Terra Flex (Fluorescence explorer), dove l’Agenzia spaziale europea ha firmato un contratto da 74 milioni con Leonardo-Finmeccanica; un progetto scientificamente valido ed economicamente sostenibile per il futuro della Stazione spaziale internazionale, dove l’Italia ha già fatto valere la sua capacità manifatturiera di alto livello con la realizzazione di quasi il 50% dei moduli abitabili e della cupola da parte di Thales Alenia Space (joint venture tra Leonardo e Thales) con un volume di affari prodotto da contratti in essere di circa un miliardo di euro tra il 2001 e il 2019; oppure il programma per la realizzazione di un telescopio di nuova generazione, per identificare in modo automatico nuovi possibili oggetti pericolosi (Neo – Near Earth objects, oggetti vicini alla Terra), da seguire ed essere successivamente controllati dall’uomo. Nella ministeriale si discuterà il finanziamento di queste e di altre priorità. L’obiettivo del nostro Paese è promuovere una visione di lungo respiro dell’eccellenza della filiera industriale italiana nel quadro della scienza e della capacita spaziale europea.
Si tratta della spinta per l’innovazione e la competizione che i 22 Paesi dell’Esa devono necessariamente raccogliere, per confrontarsi con i programmi marziani visionari di SpaceX, o con le mega costellazioni fatte da centinaia di satelliti di piccola taglia per l’osservazione della Terra. Un confronto, quello che si terrà alla ministeriale Esa, dove terremo al centro la grande capacità e il forte radicamento della industria spaziale nazionale, che giustamente continua a beneficiare di un geo-ritorno tra i più alti. È inoltre bene ricordare che, oltre a essere tra i fondatori dell’Esa, l’Italia ha accordi bilaterali con le più importanti agenzie spaziali al mondo. Accordi che ci permettono di fare tante altre cose, oltre ai programmi di riferimento che ci vedono impegnati in Europa. Questa capacità spaziale è il risultato di una politica iniziata oltre cinquant’anni fa, ai tempi di Luigi Broglio, che ha creato un sistema scientifico, industriale, strategico e culturale che non può mancare nella prospettiva di un grande Paese come l’Italia.