È una partita tutta da giocare e che durerà anni. Il numero preciso di esuberi nel settore bancario italiano è difficile da stabilire ma i sindacati concordano nell’ipotizzare una cifra che può arrivare intorno a 50mila. La metà di quelli paventati dal Fondo monetario internazionale a inizio ottobre, un terzo di quelli annunciati dal presidente del Consiglio Matteo Renzi al meeting di Cernobbio ma di certo una cifra importante destinata a salire piuttosto che a scendere. E che ridimensionerà fortemente un settore che nel 2014, secondo dati Bce, poteva contare su 299.684 addetti.
LA MOSSA DEL GOVERNO
Il governo vuole tentare di agevolare queste uscite e nella legge di bilancio ha inserito una norma per integrare di 648 milioni in cinque anni, fino al 2021, il fondo esuberi di categoria istituito presso l’Inps che è alimentato dagli istituti di credito e dai lavoratori del settore. Finora il fondo ce l’ha fatta da solo ma complice la crisi economica e le ristrutturazioni in corso in vari istituti di credito, senza dimenticare dematerializzazione e innovazione tecnologica, in particolare l’home banking, non riesce più ad essere autosufficiente. Del resto, i problemi delle banche italiane sono noti: bassa produttività, eccesso di capacità produttiva e alto livello di crediti deteriorati.
LE PAROLE DI BANKITALIA
Proprio in concomitanza con le parole allarmanti di Washington erano arrivate quelle pacate ma molto chiare della Banca d’Italia che definiva in non pochi casi “inevitabili” gli esuberi e sempre per bocca del suo direttore generale, Salvatore Rossi (nella foto), aveva affermato che occorre fare ricorso al fondo ma se necessario anche a un intervento ad hoc dell’esecutivo. Nello specifico, nella bozza della manovra si segnala che le risorse saranno 174 milioni per il 2017, 224 milioni per il 2018, 139 per il 2019, 87 per il 2020 e 24 per il 2021. Da notare però che il provvedimento è destinato in generale a “imprese e gruppi di imprese coinvolti in processi di ristrutturazioni rientranti nei settori destinatari dei fondi di solidarietà” e “interessati da provvedimenti legislativi relativi a processi di adeguamento o riforma per aumentare la stabilità e rafforzarne la patrimonializzazione”.
COSA DICONO ABI E SINDACATI
Previsto un limite massimo complessivo di 25mila dipendenti che potranno beneficiarne per il triennio 2017-2019 e previa richiesta entro il 31 dicembre 2019. Sul passo avanti di Palazzo Chigi sono d’accordo sia l’Associazione bancaria italiana sia i sindacati anche se questi ultimi – favorevoli solo a prepensionamenti volontari – fanno notare come si tratti di una goccia nel mare: il costo medio di un dipendente di un’azienda del credito è pari a 55mila euro l’anno e dunque le risorse del fondo possono bastare solo per qualche migliaio di lavoratori.