“Ci troviamo di fronte a un incubo”. Parla un obbligazionista di Mps che chiede l’anonimato dopo l’annuncio dei vertici del Monte dei Paschi di Siena sulla conversione volontaria di bond subordinati in azioni. Un’operazione necessaria di fatto ad evitare un vero Bail-in per la banca ora guidata da Marco Morelli.
PARLA IL BONDISTA
Quando lo avevamo già intervistato a luglio, l’obbligazionista di Mps era stato chiaro: a sua mamma, nel 2007, in una filiale di Mps un consulente di fiducia aveva venduto un Subordinato con scadenza 2017. Il titolo, con Isin: XS0236480322 e taglio di 50.000 euro, era stato comprato direttamente in una filiale della banca senese. Formiche.net aveva visto gli estratti del conto: praticamente l’intero patrimonio di questo risparmiatore era stato collocato su questo titolo, nonostante la Mifid dell’obbligazionista, la profilazione fatta dalla banca, lo catalogasse come un investitore moderato. Ora, questo piccolo investitore e con lui altri 40mila, rischia di essere tra coloro che salveranno Mps o che perderanno quello che hanno investito come se si fosse trattato di speculazione. Per un titolo che offriva, per chi lo aveva comprato a 100, una cedola trimestrale dell’1%: molto lontana da un guadagno speculativo.
DOSSEIER BOND SUBORDINATI
L’obbligazione di cui parliamo è una Lower Tier 2 con scadenza novembre 2017. Un’obbligazione che ha un taglio minimo da istituzionale come tutti i subordinati Mps ad eccezione di un Upper Tier con scadenza 2018 che invece ha un taglio retail da mille euro e che, rispetto alla prima, ha però un grado di insolvenza superiore.
IL BIVIO PER GLI OBBLIGAZIONISTI
Le possibilità che hanno davanti sono tre e sono tutte nel comunicato di Mps pubblicato due giorni fa: la conversione a 100 in azioni, la vendita del titolo che, comprato a 100 oggi quota sui 70 (una scelta che comporterebbe una perdita del 30% in conto capitale e che al momento è la più conveniente) o l’attesa. “Ci troviamo di fronte a un incubo – dice a Formiche.net l’obbligazionista che chiede l’anonimato – e mi spiace averlo previsto a luglio: io sono dell’idea di tenere il titolo in portafoglio e arrivare a scadenza, anche con il rischio che MPS non riesca a fare l’aumento di capitale che scatti il bail-in. So che rischio l’azzeramento del titolo come successe in Banca Etruria e Banca Marche. Ma l’idea di avere in portafoglio un’azione che è ancora più rischiosa del bond subordinato e nessuna garanzia di rientrare dell’investimento non mi fa dormire la notte”.
PERDERE TUTTO
Il nostro interlocutore è laureato in economia e lavora nel campo della finanza: “Lo scorso dicembre è stato salvato il portoghese Banco Espirito Santo con il bail-in: tutti hanno scritto che sono stati salvati i piccoli investitori. Io dico che non è così: quelli che sono stati tutelati sono stati i possessori degli Isin aperti al retail. Non è stato esaminato nel dettaglio il tipo di investitore: paradossalmente se un retail ha investito, magari spinto da un consulente su un Isin per istituzionali il suo investimento finisce nella bad bank. Se avvenisse lo stesso con Mps io sarei trattato alla stregua di un grande investitore e perderei tutto, i risparmi di mio padre, guadagnati con il lavoro”. Una situazione paradossale che rende nulla la gerarchia del rischio (tra i subordinati il Lower Tier 2 è meno rischioso rispetto all’Upper Tier).
MILIARDI IN FUMO
Nei titoli subordinati destinati agli istituzionali di Mps ci sono almeno un miliardo e mezzo di euro di investitori retail. In totale i subordinati Mps in circolazione ammontano a 5,8 miliardi su otto titoli di cui sette destinati a pubblico istituzionale: secondo le stime più accreditate circa il 65% dell’importo totale è in mano al retail. Ciò vuol dire che se anche l’Upper Tier 2018, l’unico titolo con taglio minimo adatto al piccolo risparmiatore, fosse interamente detenuto dal retail per due miliardi, ci sarebbe ancora un miliardo e mezzo in mano ai piccoli. Tutti portati da qualcuno di fiducia verso un titolo evidentemente molto rischioso.
PISTOLA ALLA TEMPIA
Ma c’è di peggio: “Il comunicato della banca contiene quasi un’intimazione – spiega l’obbligazionista – è una pistola puntata alla tempia: ci stanno dicendo che o convertiamo i titoli oppure la banca potrebbe non proseguire la sua attività. Ovvero che dobbiamo convertire i nostri titoli in titoli oltremodo più rischiosi e che questo non ci darà alcuna certezza di uscirne senza ossa rotte. Per questo dicevo che a questo punto vorrei tenere il titolo a scadenza e vedere che succede. E trovo anche scandaloso che il Mef, primo azionista di Monte Paschi con il 4%, non abbia battuto ciglio: le dimensioni del potenziale disastro sono enormi. Parliamo di 40mila obbligazionisti contro i nemmeno 8mila delle banche Marche ed Etruria, e sono certo che molti di questi obbligazionisti ancora non siano del tutto consci di cosa hanno in portafoglio”.