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Reflazione o stagflazione? Il dilemma della politica economica di Donald Trump

Con le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, è la secondo volta dopo il Brexit che i sondaggi si sono rivelati completamente sbagliati e hanno sottovalutato il voto di protesta contro l’élite e la forma attuale di globalizzazione. Dopo l’elezione di Trump, mi hanno subito chiesto se possiamo fidarci dei sondaggi e del sistema politico francese “chiuso” per escludere la possibilità di vittoria di Marine Le Pen alla prossime elezioni presidenziali a maggio.

Infatti, sia il Brexit che la vittoria di Trump riflettono un senso di abbandono del ceto medio nei paesi sviluppati. Come mostrato dal grafico “a forma di elefante” di Branko Milanovic (si veda il grafico sottostante), a livello globale gli scorsi due decenni sono stati favorevoli al ceto medio dei paesi in via di sviluppo e all’élite globale mentre il ceto medio dell’economie mature è stato ignorato. Questo sentimento di abbandono è stato amplificato dall’attenzione rivolta dai politici agli elettori delle grandi città e dai timori scatenati dall’immigrazione.

Qualunque sia la nostra opinione sulle elezioni francesi, i trend finora descritti aumentano il rischio che i partiti populisti vincano un’elezione maggiore in Europa. Contrariamente agli Stati Uniti, l’assenza di istituzioni solide a livello europeo dovrebbe immediatamente aumentare questo rischio a livello sistemico nell’Eurozona o, più in generale, nell’Unione Europea.

Il paradosso è che gli investitori si sono focalizzati molto sul rischio di diffusione del populismo nell’Eurozona mentre i primi importanti voti di protesta si sono verificati negli Stati Uniti e nel Regno Unito, due nazioni che stanno attraversando un periodo di piena occupazione e un sentimento relativo di stabilità.

Tornando alle elezioni negli Stati Uniti, Trump e Hillary Clinton sono stati i candidati più impopolari della storia. Paradossalmente, Trump, il candidato percepito più populista in Europa, ha perso il voto popolare contro la Clinton. Questa è la seconda volta nell’ultimo secolo (dopo George W. Bush) che il Presidente degli Stati Uniti viene eletto senza ottenere la maggioranza dei voti negli Stati Uniti.

Un altro paradosso è che ora dopo la campagna di Trump gli scenari possibili sono molteplici.Tuttavia, abbiamo una certezza: l’outlook degli Stati Uniti sarà più inflazionistico; dobbiamo solo vedere se avremo una reflazione o una stagflazione. Questa settimana le attese degli investitori sono abbastanza chiare: maggiori stimoli fiscali e deregolamentazione sono fattori favorevoli alla reflazione statunitense e al settore finanziario. Non avrei cambiato la mia stima sul timing della prossima recessione statunitense in caso di vittoria della Clinton. Nello scenario Trump, invece, malgrado il fatto che il primo anno dopo le elezioni presidenziali è solitamente il peggiore per l’economia statunitense e i mercati, la mia previsione sul rischio di una recessione statunitense da qui fino alla fine del prossimo anno è ora messa in discussione.

Cosa potrebbe andare storto il prossimo anno? In primo luogo, l’aumento delle attese di inflazione potrebbe andare troppo lontano e, quindi, si rischia un forte sell-off sui mercati obbligazionari che causerebbe un peggioramento delle condizioni finanziarie. In secondo luogo, sono fortemente convinto che verrà varata una nuova riforma tributaria essendo una delle misure core proposte dai Repubblicani in Congresso che ha raccolto maggiori consensi. Tuttavia, riguardo alla spesa in infrastrutture, finora Trump ha parlato di circa 137 miliardi di dollari di fondi pubblici (meno dell’1% del GDP) che arriverebbe a 1 trilione di dollari attraverso le PPP (public-private partnership). Penso che i politici statunitensi siano probabilmente più efficienti dei colleghi europei; tuttavia, considerando la situazione di stallo in cui si trova il piano Juncker, i rischi di implementazione sono una fonte legittimata di preoccupazione. In particolare, ci vorrà molto tempo prima di lanciare questo programma non finanziato.

Per concludere, l’elezione di Trump è un evento di portata maggiore rispetto al Brexit: gli Stati Uniti sono la maggiore potenza economica, militare e politica del mondo e le decisioni di Trump potrebbero avere un impatto maggiore sul resto del mondo. Credo che sia troppo presto per trarre delle conclusioni su che tipo di presidente sarà Trump. Molti lo paragonano a Ronald Reagan. Infatti, il programma di Trump è simile a quello di Reagan, anche se il piano di stimolo budgetario di quest’ultimo era tre volte più ambizioso. Tuttavia, il contesto politico interno e mondiale è molto diverso: questo potrebbe condurre a risultati completamente diversi.

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