Nelle ultime ore i sostenitori del no alla riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum popolare il prossimo 4 dicembre hanno avanzato un’obiezione circa una presunta grave lacuna del testo di legge di revisione della Carta fondamentale che impedirebbe alle Regioni a statuto speciale di potere concorrere sin da subito alla formazione del nuovo senato della Repubblica.
In virtù del fatto che gli statuti di Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta disciplinano espressamente l’incompatibilità dell’ufficio di Deputato regionale con quello di membro di una delle Camere e in ragione della circostanza che i predetti statuti sono stati adottati con legge costituzionale, le predette Regioni non potrebbero concorrere alla formazione del nuovo Senato disegnato nel testo della riforma se non previa modifica (da effettuare sempre con legge di rango costituzionale) degli statuti medesimi ed eliminazione della richiama incompatibilità.
L’obiezione, tuttavia, per quanto particolarmente suggestiva, poiché offre all’elettore non abituato ad utilizzare gli strumenti dell’argomentazione giuridica il dato letterale degli statuti delle regioni ad autonomia speciale che vietano chiaramente (nel testo vigente) al deputato regionale di svolgere anche l’ufficio di senatore, è priva di alcun reale fondamento in punto di diritto.
In prima battuta si deve osservare come la legge di revisione della Carta fondamentale sia una legge di rango costituzionale che nella cosiddetta “gerarchia della fonti” è situata allo stesso livello degli statuti delle regioni ad autonomia speciale. Per tale ragione, il contrasto fra la disciplina che vieta al deputato regionale di assumere l’ufficio di Senatore e quella che invece prefigura il nuovo Senato come organo collegiale composto prevalentemente da consiglieri regionali deve risolversi ai sensi dell’articolo 15 delle disposizioni generali del codice civile, in virtù del quale la legge successiva abroga le disposizioni della legge precedente di pari rango con essa incompatibili (criterio cronologico). Si tratta di un criterio di risoluzione delle antinomie (conflitti fra norme) sufficientemente chiaro, sull’applicazione del quale, nel caso di specie, non si vede come non si possa concordare.
Dalla specialità degli statuti, infatti, non può derivare l’applicazione del principio secondo il quale la legge generale posteriore non può derogare la legge speciale precedente, poiché la legge di revisione costituzionale ha riguardato la composizione del Senato, materia non disciplinata dai medesimi statuti regionali. Si vuol dire, cioè, che l’autonomia speciale delle regioni con riferimento allo status giuridico del consigliere regionale ed alla sua incompatibilità con l’ufficio di senatore deve considerarsi recessiva dinanzi alla revisione costituzionale della composizione del Senato della Repubblica operata dal legislatore costituente, proprio perché i principi fondamentali della Costituzione e gli statuti medesimi non riconoscono alcuna autonomia alle regioni speciali in materia di composizione del Senato medesimo.
A quanto sin qui detto si deve aggiungere poi che gli statuti speciali prevedono che la disciplina sulla elezione dei consigli e sullo status degli organi regionali deve porsi “in armonia con la Costituzione”, rinviando così esplicitamente alla necessaria compatibilità degli statuti regionali con le norme presenti nella Carta Costituzionale. Sono pertanto gli stessi statuti speciali ad escludere una loro prevaricante specialità rispetto alla Costituzione per ciò che concerne la condizione dei consiglieri regionali.
In ultimo, vi è da dire che secondo le norme transitorie della legge di revisione costituzionale, alle regioni ad autonomia speciale non si applicano (sino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome) le sole disposizioni del Capo IV e cioè quelle che modificano la Costituzione dall’articolo 114 al 126, dovendosi pertanto ritenere, di necessità, immediatamente applicabili le disposizioni del capo I che disciplinano la nuova composizione del senato della Repubblica.
Nessun allarme dunque; ogni regione avrà sin da subito i senatori che gli spettano.