Più che l’asso nella manica, Donald Trump gioca il suo jolly: Melania Trump, sua moglie, fa il suo primo e unico intervento su un palco della campagna a Filadelfia e si dice convinta che il prossimo presidente “farà l’America di nuovo grande” e sicura.
L’inerzia della campagna è dalla parte di Donald, in rimonta, mentre Hillary resta in testa, ma fatica a stare a galla, nonostante il forte appoggio del presidente Obama, che da North Carolina a Florida ripete “Bisogna fermare Trump”.
L’Amministrazione statunitense fa sapere di temere un massiccio attacco di hacker dalla Russia o da altri Paesi nel giorno del voto, l’8 Novembre, per gettare nel caos la democrazia americana e mostrarne le fragilità, almeno tecnologiche – quelle sostanziali le ha già evidenziate la campagna – .
MELANIA TUTTA SLOGAN E COPIONE
Tenutasi defilata per tre mesi, dopo le critiche per avere copiato da Michelle Obama alcuni passaggi del suo discorso alla Convention repubblicana, Melania evita azzardi e s’attiene al copione e allo slogan, oltre che ai clichés.
Ai fuochi d’artificio ci pensa Donald, che torna ad accusare il Dipartimento della Giustizia di essere dalla parte della rivale. Lui ha però dalla sua l’Fbi, che – secondo il Wp – starebbe pure vagliando registrazioni segrete relative alla Clinton Foundation.
L’ex modella slovena, con le cui foto osé i tabloid newyorchesi avevano provato a creare imbarazzo al magnate e showman, che però non se ne lascia scalfire, ha raccontato la sua storia e il suo sogno americano; ha aggiunto che “questa non è una campagna normale ma un movimento in cui la gente si sente coinvolta e da cui si sente ispirata”; ha elogiato il marito candidato, le doti di imprenditore di successo, di padre amorevole, di compagno esemplare; e ha indicato come impegno da first lady “il sostegno alle donne e ai bambini”, in particolare la lotta al cyberbullismo.
SONDAGGI, SITI E ALLIBRATORI
Sondaggi e siti aggiornano freneticamente dati e previsioni e danno una percezione d’equilibrio. Gli allibratori danno ancora favorita l’ex first lady sul magnate, ma i margini sono stretti – visto come ci presero con la Brexit, non c’è da dare loro molto ascolto – .
L’incertezza scombussola i mercati finanziari, fa salire l’oro bene rifugio, indebolisce il dollaro rispetto all’euro: gli economisti dichiarano il repubblicano “un rischio”, ma l’inquietudine e l’agitazione di Wall Street suona sinistro scricchiolio alle orecchie democratiche. E il Messico predispone un piano d’emergenza in caso di vittoria di Trump, l’uomo del muro e dell’espulsione degli immigrati irregolari.
Presagio positivo per i democratici appare, invece, la vittoria dei Chicago Cubs nelle World Series, lo scudetto del baseball: Chicago è la città degli Obama e dov’è nata Hillary.
INTENZIONI DI VOTO E GRANDI ELETTORI
Dalle intenzioni di voto, l’attenzione si sposta sull’attribuzione dei Grandi Elettori, quelli che contano: per conquistare la Casa Bianca ne servono almeno 270 su 528 e Trump non è mai stato vicino a ottenerli.
Ora, il sito RealClearPolitics gliene assegna 180, contro i 226 della Clinton, con 132 ancora ballerini negli Stati in bilico. Attribuendoli tutti, in base alla media dei sondaggi oggi, Trump salirebbe a 265, la Clinton a 273, vincitrice, ma d’un soffio.
Il sito fivethirtyeight.com, che la scorsa settimana dava a Trump solo il 12,5 per cento di chances di vittoria, ora gliene dà il 34 per cento: da 7 a 1 a 2 a 1. Il sito 270t0win.com accredita Hillary di 258 Grandi Elettori e Donald di 157, con 123 in bilico.
Nella media dei sondaggi nazionali, la democratica e il repubblicano sono divisi solo da 1,7 punti, 47 a 45,3 per cento, con il magnate che s’avvicina giorno dopo giorno, specie dopo che l’Fbi ha annunciato la riapertura dell’inchiesta sulle mail dell’ex segretario di Stato. Il quotidiano aggiornamento del rilevamento Abc/Wp riporta la Clinton avanti di due punti su Trump – ieri erano in perfetta parità – . Il sondaggio Nyt/Cbs vede l’ex first lady in vantaggio di tre punti.
A livello di endorsement dei media, Hillary pesca una delle figurine che le mancava: dopo l’FT, pure The Economist la sceglie, anche perché Donald sarebbe “un presidente terribile”.