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Vi racconto Tina Anselmi, donna fiera e appassionata

La scomparsa di Tina Anselmi crea nei “DC non pentiti” come me, che abbiamo avuto l’opportunità di conoscerla, un sentimento di dolore e il ricordo di una persona che è stata parte importante della storia del nostro partito nel Veneto e in Italia.

Da sempre schierata sulle posizioni di Aldo Moro e Benigno Zaccagnini, Tina Anselmi ha rappresentato per molti di noi, più giovani allora, una figura esemplare di donna, di cattolica e di democratico cristiana che seppe vivere la sua esperienza politica in conformità ai valori propri del cattolicesimo democratico e del popolarismo dei veneti.

Appassionata sostenitrice delle ragioni che la videro quasi sempre in alternativa al doroteismo e di quanti nella DC, negli ultimi anni ’80, avevano assunto comportamenti e azioni assai poco commendevoli, Tina seppe sempre far sentire la sua voce autorevole nelle riunioni dei comitati regionali del partito e nel consiglio nazionale della DC.

Una voce assai rispettata in un arco ampio di forze politiche, che vedevano nella ex staffetta partigiana “Gabriella”, inserita a pieno titolo nella brigata partigiana di Gino Sartor, prima donna ministro del Lavoro e poi della Sanità dell’Italia, presidente della commissione d’indagine sulla P2 di Licio Gelli, una sicura garanzia di equilibrio e di tolleranza per tutti.

Quante volte nei nostri incontri, spesso scambiando il mio cognome con quello di “Bonalumi”, che era stato il mio delegato nazionale nei gruppi giovanili della DC, mi ha sollecitato all’azione; specie in quelle fasi della vita interna del partito, nelle quali le posizioni di Forze Nuove, la corrente in cui militavo, erano convergenti (il che accadeva pressoché sempre, visto il ruolo che Donat Cattin sempre svolse verso Aldo Moro prima e Zaccagnini poi) con quelle del gruppo moroteo. Posizioni che dovevano confrontarsi sistematicamente con quelle maggioritarie dei dorotei veneti guidati da Tony Bisaglia e Mariano Rumor.

La scelta del “premabolo”(XIV Congresso della DC-febbraio 1980), fu il momento nel quale le nostre posizioni si differenziarono, divisi sull’interpretazione ex post, che Moro avrebbe dato nella ripresa della collaborazione tra la DC e il PSI di Craxi. Noi di Forze Nuove, sollecitatori di quel re-incontro e una parte dei nostri amici, Guido Bodrato in testa, con gli altri ex morotei Belci, Salvi e Pisanu, favorevoli alle posizioni di De Mita di apertura alla collaborazione con il PCI di Berlinguer.

Non venne mai meno, tuttavia, il rispetto e la collaborazione nel reciproco riconoscimento dei valori di riferimento sui quali fondavamo la nostra testimonianza politica nella “città dell’uomo”, convinti com’eravamo di apportare entrambi un positivo e disinteressato contributo alla vita del partito.

Un rispetto che mi portò, in un momento difficile della vita interna della DC veneta, allorché tra “i due Carlini”, Carlo Bernini da una parte per i dorotei e Carlo Fracanzani, dall’altra, per le sinistre anti preambolari, a proporre come momento di soluzione a una difficoltà intervenuta nel comitato regionale DC nella scelta del segretario del partito, proprio la candidatura di Tina Anselmi a quel ruolo.

Prevalsero le difficoltà di una lunga stagione di contrapposizioni in terra trevigiana che impedirono a Carlo Bernini di accettare quella proposta, mancata la quale, ci toccò in sorte la lunga e travagliata stagione dell’illegittimo dominio sul partito di Rosy Bindi.

Quante volte ho ricordato al compianto Bernini la gravità di quell’errore politico, convinto com’ero e come sono tuttora, che ben altra storia si sarebbe vissuta nella DC veneta, se, al posto della “pasionaria di Sinalunga”, avessimo avuto la nostra staffetta partigiana castellana, irriducibile sui principi, ma di una fedeltà e amore ai valori dello scudo crociato e al popolarismo dei veneti senza limiti.

La voglio ricordare così Tina, donna fiera e appassionata, sempre pronta a combattere per “le attese della povera gente”, sapendo coniugare i valori cristiano sociali della sua lunga militanza sindacale con quelli della giustizia e della libertà vissuti nel periodo della clandestinità partigiana.

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