Una bella tirata d’orecchie: è la strenna dell’Eurotower a Palazzo Chigi. Nel bollettino mensile la Banca centrale europea avverte che l’Italia rischia di disattendere “in misura significativa” – oltre lo 0,5% di Pil – “il miglioramento del saldo strutturale di bilancio verso l’obiettivo di medio termine” fissato con la Commissione europea, di cui vengono citate le analisi.
Magra consolazione, il nostro Paese è in compagnia di Belgio, Cipro e Slovenia. Si tratta di una valutazione, chiarisce Francoforte, che “sarebbe confermata anche qualora ai Paesi in questione fosse concessa ex post la flessibilità nel quadro del Patto di Stabilità e di crescita richiesta dai governi nei rispettivi documenti programmatici di bilancio”. Inoltre, per quanto riguarda Italia e Belgio, “i pareri della Commissione implicano che la conformità con il braccio preventivo non si configura più come fattore mitigante nel valutare l’inosservanza della regola del debito da parte dei due Paesi”. Sempre restando ai fatti di casa nostra, la Bce sottolinea che il maggiore aumento degli spread sui titoli di Stato tra i membri dell’area euro si è verificato “principalmente” per l’incertezza politica seguita all’esito del referendum costituzionale.
Allargando lo sguardo a tutta l’eurozona, secondo le proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti dell’Eurosistema si prevede un aumento del Pil dell’1,7 per cento nel 2016 e nel 2017 e dell’1,6 per cento nel 2018 e nel 2019. Si tratta di una espansione economica ancora moderata, si legge nel bollettino, ma in via di rafforzamento “sebbene a un ritmo più lento rispetto al periodo pre-crisi”. Si nota comunque un “miglioramento della redditività delle imprese” e una “ripresa degli investimenti” grazie a condizioni creditizie “molto favorevoli”. Buone notizi dal fronte dell’occupazione e quotazioni relativamente basse dei prezzi del petrolio dovrebbero sostenere il reddito disponibile delle famiglie e i consumi privati. “Le prospettive su scala internazionale – aggiunge la Bce – sono tuttora offuscate da vari fattori, tra cui l’effetto avverso dei bassi prezzi delle materie prime sui Paesi esportatori di materie prime, il graduale riequilibrio dell’economia cinese e la crescente incertezza circa le politiche degli Stati Uniti”. Prevista in crescita pure l’inflazione che dovrebbe superare l’1% nel 2017 e aumentare ulteriormente nel 2018 e nel 2019.