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Ecco le vere berlusconate di Bolloré con Vivendi su Mediaset

Vincent Bolloré

Anche se il mercato specula, un’opa su Mediaset da parte di Vivendi, come sottolineavano ancora ieri gli analisti di Banca Akros e Mediobanca Securities, è lo scenario meno probabile in questa battaglia a colpi di pacchetti azionari e denunce in tribunale e non solo che si sta combattendo da una decina di giorni. Perché se a Piazza Affari l’attenzione sul titolo del gruppo televisivo di Cologno Monzese è massima – la Consob ascolterà tra domani e venerdì Arnaud de Puyfontaine, l’ad dell’azienda francese – a questi valori di borsa non conviene a nessuno dei contendenti lanciare un’offerta pubblica d’acquisto.

Ora rilevare tutto il Biscione costa troppo. Anche per un big quale Vivendi che vale 4,5 volte e mezzo Mediaset in termini di capitalizzazione (23,6 a 5,24 miliardi). Tantomeno conviene a Fininvest (39,775 per cento) lanciarsi in questa avventura che farebbe ricco prima di tutto il nemico Vincent Bolloré, finanziere e imprenditore (nel 2015 il gruppo di famiglia fatturava quasi 11 miliardi di euro con un mol di 1,1 miliardi) che ha un unico obiettivo: sedersi al tavolo con Silvio Berlusconi e non con i figli Marina, presidente della holding di via Paleocapa e di Mondadori, e Pier Silvio, guida operativa del broadcaster, e trattare sulla base del polo europeo dei contenuti in qualche modo tratteggiato già lo scorso aprile, al momento della firma dell’accordo vincolante. “Bolloré sa che il futuro della tv non sarà così brillante, vista la concorrenza spietata di Google, dei social network e degli over-the-top come Netflix che eroderanno quote significative di raccolta pubblicitaria”, dicono alcuni manager che hanno avuto a che fare con il principale azionista di Vivendi. “Perciò il focus sarà soprattutto sui contenuti. E Mediaset, tra Italia e Spagna, ha il know-how necessario”. Non per nulla è proprio il business televisivo quello che manca a Vivendi , visto che Canal+ in Francia scricchiola assai, a differenza della musica (Universal Music è leader mondiale) e dei videogames (Gameloft e Ubisoft). “Difficilmente Vivendi investirebbe 5-6 miliardi per lanciare un’opa ostile su Mediaset sapendo che il futuro dei media va in tutt’altra direzione e che il ruolo egemonico che oggi il gruppo tv di Berlusconi ha in Italia e Spagna sul fronte pubblicitario non sarà più tale”, specifica un’altra fonte industriale vicina al dossier.

Quindi quale è il fine ultimo di monsieur Bolloré? Salendo al 26,77 per cento dei diritti di voto del Biscione di fatto inibisce qualsiasi operazione straordinaria (l’ipotetica cessione di Mediaset Premium alla Sky di Rupert Murdoch, fino a poche settimane fa sul dossier). E salendo poi al 30 per cento avrà un effetto dirompente in assemblea, potendo anche chiederne la convocazione. In definitiva, il socio forte di Vivendi vuole entrare nella stanza dei bottoni del network televisivo e mettere becco nelle decisioni manageriali. Arrivando, secondo alcune interpretazioni, a chiedere anche cambi nell’assetto di governo societario: opzione non certo facile e scontata vista la coesione della squadra attuale. Per questo la famiglia Berlusconi è compatta nel rispedire al mittente le avances di Bolloré, soprattutto con Marina e Pier Silvio Berlusconi i più ostici a qualsiasi pretesa che arrivi d’Oltralpe.

Ma quello che ormai appare evidente è che Fininvest e i vertici di Mediaset dovranno avere a che fare con gli uomini di Vivendi . E non sarà una passeggiata. «Ma una soluzione, seppure non troppo amichevole, va trovata al più presto, per non ingessare la società. Tanto più che cacciare Bolloré adesso è impossibile, oltre che troppo costoso», sostiene una terza fonte industriale contattata da MF-Milano Finanza. Per questo sia Fininvest sia Mediaset sono passate al contrattacco puntando soprattutto su aspetti normativi e regolamentari con gli esposti in Procura e in Agcom e chiamando in causa la Consob. E’ possibile che la mossa di Bolloré sul capitale del Biscione sia stata spregiudicata, ma ha comprato pur sempre sul mercato. Ovvio, se c’erano degli accordi andavano rispettati. Ma al momento Vivendi rischia una sanzione amministrativa da Consob e certo di proporzioni modeste rispetto all’investimento fatto in meno di 10 giorni. Senza tralasciare il fatto che le cause legali, come intentate dal fronte italiano, possono durare anni, perché se Vivendi dovesse perdere ricorrerà in sede europea.

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)



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