Il governo non esclude un decreto legge ad hoc per sanare gli effetti dell’ordinanza del Consiglio di Stato che ha di fatto congelato alcune norme attuative della riforma delle banche popolari a rischio incostituzionalità. L’incertezza riguarda in particolare gli effetti che la decisione dei giudici amministrativi può avere in primis su due istituti – Popolare di Bari e Popolare di Sondrio – che nei prossimi giorni hanno in calendario un’assemblea dei soci per la trasformazione in società per azioni, in attuazione della riforma delle Popolari voluta dal governo. Ma nel caso le due banche non si trasformano in spa entro la fine dell’anno può decadere la licenza bancaria. Ma ecco quello che ha deciso il Consiglio di Stato, le norme nel mirino e gli scenari sul settore.
CHE COSA E’ SUCCESSO
L’ordinanza dei magistrati di Palazzo Spada venerdì ha sospeso le disposizioni della Banca d’Italia nella parte in cui si prevedeva che essa potesse consentire alle popolari di inserire una clausola nello statuto con la quale il rimborso per chi esercita il recesso «può essere limitato o rinviato in tutto o in parte senza limiti di tempo». Nel mirino, oltre alla lesione dei diritti dell’azionista, anche il potere di delegificazione in qualche modo consentito all’organo di vigilanza, visto che si aggirano le regole sul recesso dettate dal codice civile.
LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO
Il Consiglio di Stato con un’ordinanza ha accolto due ricorsi di alcuni piccoli soci — l’economista Marco Vitale e il consigliere di Bpm Pietro Lonardi (socio anche di PopSondrio) — e ha sollevato dubbi di costituzionalità su alcuni aspetti controversi della riforma Renzi che impattano sui soci risparmiatori come il diritto di recesso. Ma non solo: è stato anche sospeso il divieto di costituire holding coop che controllano banche spa. Nessun ricorso era stato avviato da Assopopolari, l’associazione delle banche popolari presieduta da Corrado Sforza Fogliani (nella foto), che pur essendo stata critica nella fase finale con la riforma del governo non ha comunque condiviso l’iniziativa dei ricorrenti.
LE DISPOSIZIONI DI BANKITALIA AL CENTRO
In entrambi i casi al centro della decisione del Consiglio di Stato ci sono le disposizioni di Bankitalia che, circa la holding, sarebbe andata oltre il mandato delle legge imponendo un divieto che non poteva istituire. Quanto al recesso, invece, l’Istituto centrale governato da Ignazio Visco ha avuto attribuito dalla riforma un potere di decisione “anche in deroga a norme di legge” che potrebbe essere incostituzionale.
IL NODO DEL RECESSO
Secondo la legge voluta dal governo con la riforma delle Popolari e con la circolare di Banca d’Italia, il diritto di recesso del socio può essere limitato o escluso dalla stessa banca, qualora un rimborso pieno o non dilazionato pregiudichi il patrimonio dell’istituto. Se l’eccezione di incostituzionalità ravvisata dai giudici della Sesta sezione del Consiglio di Stato venisse accolta, potrebbero nascere rivendicazioni da parte degli ex soci di Popolari che hanno ricevuto solo il recesso parziale.
I CASI DELLE SINGOLE BANCHE
Quelli di Ubi, per esempio, hanno ricevuto solo 13 milioni su 250. Popolare Vicenza ha negato a tutti i soci il recesso (1,7 milioni), e così Veneto Banca (14,5 milioni). Ma la decisione impatta subito su Popolare di Bari e Popolare di Sondrio, che l’11 e il 17 dicembre voteranno sulla spa. Bari ha fissato il valore di recesso a 7,5 euro per azione, attribuendosi una valutazione di 1,2 miliardi di euro (il doppio di Mps). Anche l’altra questione — la illegittimità del divieto della holding, sostenuta dagli avvocati Carlo Comandè, Maurizio Allegro Pontani e Mario Zanchetti — può avere impatti significativi. Anche in questo caso i soci di PopSondrio e PopBari potrebbero chiedere di realizzare la holding che controlla la banca spa.
COSA SUCCEDE A BARI E SONDRIO
Come detto, la Banca Popolare di Bari e Banca Popolare di Sondrio sono gli unici due istituti di credito a non aver ancora riunito i soci per deliberare la trasformazione in Spa (le assemblee sono in calendario rispettivamente domenica 11 e sabato 17 dicembre). Secondo alcuni osservatori, inoltre, potrebbe aumentare le possibilità di impugnazione delle delibere assembleari. La Popolare di Bari ha fissato il prezzo del recesso a 7,5 euro. Quanto alla Popolare di Sondrio, proprio il corrispettivo che sarà pagato a chi eserciterà il diritto è in questo momento il principale elemento di tranquillità: i 2,5771 euro decisi dal Cda sono infatti inferiori agli attuali corsi di Borsa, fatto che disincentiverà gli azionisti dall’esercizio del recesso.
I CASI BPER, CREVAL E BPM
Anche se le rispettive assemblee per la trasformazione delle Popolari in società per azioni sono già alle spalle, per queste tre banche la partita non è ancora del tutto chiusa. Per Bper e Creval le procedure sul recesso sono ancora in corso. A Modena il termine è il 13 dicembre, ma il prezzo di 3,8 euro, inferiore alle quotazioni di mercato, anche in questo caso non incentiva il recesso. “Diverso il discorso per il Creval: il valore di liquidazione di 0,474 euro è superiore al prezzo di Borsa, ma secondo le ultime rilevazioni l’esborso massimo per il recesso sarebbe limitato a 8,5 milioni”, ha scritto il Sole 24 Ore. Per quanto riguarda Banco Bpm, a esprimersi su eventuali limiti al recesso dovrà essere il cda della nuova banca, che prenderà formalmente vita il primo gennaio dalla fusione tra Banco Popolare e Bpm. In questo caso – ha ricordato il Sole – l’esborso potenziale è di 207,1 milioni (88 milioni per azioni Bpm e 119,1 per quelle del Banco).
LE ALTRE BANCHE IN BALLO
Nell’ottobre 2015 la decisione dei vertici di Ubi Banca di limitare in modo consistente i rimborsi delle azioni oggetto di recesso scatenò le proteste di molti investitori, tra cui numerosi fondi. A fronte di richieste dei soci per 258 milioni, la banca decise infatti di rimborsare soltanto 13 milioni. Anche in casa Ubi in queste ore sono partiti i confronti con i legali, ha scritto il Sole 24 Ore: l’interpretazione prevalente sarebbe quella di escludere ogni possibili conseguenza dalla sentenza del Consiglio di Stato, dato che tutti gli effetti giuridici legati alla trasformazione in Spa e al recesso si sono già verificati e il pronunciamento non può essere applicato retroattivamente. La pensano allo stesso modo in Veneto, dove la trasformazione in Spa di Popolare di Vicenza e Veneto Banca è ormai alle spalle da circa un anno. Entrambi gli istituti, comunque, avevano negato integralmente il rimborso per il recesso, ricorda il Sole 24 Ore: a Vicenza le richieste erano state per 1,7 milioni, mentre a Montebelluna avevano raggiunto i 14,5 milioni.