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Che cosa hanno detto Gentiloni, Kerry e Lavrov di Siria, Libia, Yemen e Iraq

paolo gentiloni kerry

Si è parlato soprattutto delle crisi in Siria, Libia, Yemen e Iraq durante la seconda giornata di Med Forum, la serie di conferenze organizzato dal ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale e da Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale). Le crisi nel Medio Oriente e le possibili soluzioni sono state al centro degli incontri bilaterali e delle successive conferenze stampa congiunte, del ministro Gentiloni con il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Il capo della diplomazia americana ha tenuto a Roma il suo ultimo discorso ufficiale, mentre il leader russo è stato protagonista di un dialogo con la presidente della Rai, Monica Maggioni e il direttore della Stampa, Maurizio Molinari.

LE PAROLE DI GENTILONI 

“Abbiamo aggiornato le nostre valutazioni su diversi contesti internazionali in cui il nostro paese e gli Stati Uniti lavorano gomito a gomito e l’Italia ha impostato un percorso negoziale serio, per impedire il protrarsi di una tragedia umanitaria. Non si costruisce una transizione sulle ceneri di Aleppo”, ha detto in conferenza stampa il ministro Gentiloni. Ma la macchina diplomatica guidata da Italia e Stati Uniti è in piena attività anche sulla Libia, per giungere a un accordo con tutte le forze e i progressi ci sono stati: “È passato un anno dalla conferenza internazionale che si è svolta proprio qui a Roma su iniziativa del segretario di Stato Kerry e mia, da cui è partito un processo. Qualche giorno dopo ci sono stati gli accordi di Shkirat e poi a fine marzo il Consiglio presidenziale si è stabilito a Tripoli, dove ha cominciato a lavorare per la stabilizzazione della situazione. C’è consenso internazionale sulla risoluzione 22 59 dell’Onu, che sostiene il Consiglio del presidente Sarraj”. L’Italia propone di lavorare su un metodo di costruzione di fiducia, che si ispira allo spirito che ha generato l’Atto finale di Helsinki nel ‘75: “Il nucleo del metodo di Helsinki è l’idea che nel pieno dei contrasti si cominci a lavorare alla trama di un nuovo ordine. Fare riferimento a quello spirito è un lavoro di base, fondamentale per ricostuire la fiducia fra Stati e lavorare per il reciproco riconoscimentio delle fedi religiose, per gestire problemi comuni, affrontare le sfide ambientali, per risolvere i conflitti”.

COSA HA DETTO KERRY 

Negli ultimi mesi lo sforzo diplomatico è cambiato molto, ora è finalizzato affinchè il generale Haftar si sieda al taolo per discutere, perchè, spiega Kerry, “lo strumento che usiamo è diplomazia. Non esistono altre opzioni per noi. Nessun paese è disposto a impegnarsi militarmente e nessuno si è rassegnato alla violenza che Aleppo sta subendo. Forse il regime di Assad, che sembra volersi comportare violando impunemente norme e principi internazionali. Se la situazione umanitaria si potesse affrontare meglio e se si consentisse ai civili di uscire da Aleppo, alleviando il tormento, forse si creerebbe lo spazio per iniziare a parlare a Ginevra. Questo è il nostro intento, forse anche quello di de Mistura (l’inviato speciale per la Siria, ndr)”.

 L’INTERVENTO DI LAVROV 

“La primavera araba si è volta in una direzione pericolosa e diversa da quanto previsto, sotto la bandiera della democratizzazione. Alla Tunisia è stato risparmiato il peggio, l’Egitto è stato meno fortunato e la Libia è stata rovinata. Bisogna salvare la Libia in quanto Stato. Non dobbiamo dimenticare che coloro che hanno destituito Gheddafi ora stanno creando problemi su circa 12 paesi in Africa, quindi i cambiamenti di regime a qualsiasi costo, persino collaborando con i terroristi, non vanno bene, ora dovremmo avere imparato la lezione”, sottolinea Lavrov, che prosegue: “Non vogliamo che lo Stato siriano finisca come Libia: ho incontrato brevemente Staffan de Mistura e l’ho esortato a non trascinare i negoziati, a non aspettare coloro che non vogliono implementare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza. E quelli che, prima ancora di cominciare a parlare dell’implementazione di questa roadmap, vogliono che Assad venga destituito, violano la risoluzione. Il governo è da sempre stato pronto per un negoziato, ma da maggio de Mistura non riesce a far ripartire questo processo”.



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