Roberto Esposito è uno dei più quotati filosofi della politica italiani, ma è anche, oltre che persona garbata, un professore universitario (attualmente insegna alla Normale di Pisa). Ieri è uscito un suo articolo su Repubblica a proposito della vicenda del nuovo ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che sinceramente non mi aspettavo da lui (“La ministra senza laurea è un controsenso”, pagina dei commenti). Il suo essere professore gli ha preso la mano facendogli dimenticare certe sue raffinate analisi su politica, antipolitica, spoliticizzazione. Non mi aspettavo infatti che difendesse con argomenti di apparente buon senso, ma in verità a mio avviso luoghi comuni, la necessità per un titolare di un ministero di avere una competenza specifica e titoli altisonanti per dirigerlo. Non me l’aspettavo perché si tratta di un classico argomento antipolitico, e antipolitico Esposito non è. L’unica competenza richiesta a un titolare di dicastero dovrebbe infatti essere quella politica, mentre la competenza specifica o tecnica tocca ai funzionari e alla burocrazia ministeriale, cioè a quel prezioso corpo dello Stato che in questi anni abbiamo, da una parte, aumentato a dismisura, ma, dall’altra, di fatto delegittimato. Il fatto che il politico non “ci azzecchi” molto con gli uomini e la materia da dirigere è, a ben vedere, un presupposto di indipendenza dalle corporazioni, e in più una speranza di un’azione che segua quella visione d’insieme e non particolaristica che solo un esterno può avere. E poi cosa è la laurea, oggi? A che vale quel “bollino blu” che lo Stato, ridotto ad ente certificatore, assegna per interposta persona tramite i suoi dipendenti chiamati professori? Con Einaudi, sono ovviamente, da liberale, per l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Quanto a Croce, ‘l’altro grande liberale italiano, egli anche non era laureato e diresse il ministero dell’Istruzione con Giolitti. Non solo: impostò quella riforma che Gentile fece propria e che, indipendemente dal suo valore attuale, ha fatto grande e di sostanza la nostra scuola secondaria. Certo, Croce era Croce, e il paragone con la Fedeli non regge minimamente, ma non è questo il problema. Il fatto è che non si può, come fa Esposito, da una parte inveire contro la “crisi della politica” e la “spoliticizzazione liberale”, e, dall’altra, chiedere un professore a capo dei professori. I meccanismi di autogoverno, tipo quello della magistratura, non fanno altro che chiudere in sé una corporazione che tenderà sempre ad autogiustificarsi e a non sanzionare i comportamenti sbagliati. Ben venga un politico a Viale Trastevere, se fosse lungimirante e di peso. Non credo che sia il caso della Fedeli, ma anche in questo caso non è questa la questione qui sollevata. Ella, in verità, inadatta a quel ruolo è, a mio avviso, ma per un altro e più solido motivo: il suo essere stata sindacalista e ancora oggi legata per mille fili a quel mondo che è il più potente macigno al rinnovamento della nostra istruzione. Ma con il non essere laureata, o col suo essere semplicemente una politica, questo c’entra poco o punto.
Perché non mi scandalizza affatto il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, senza laurea
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