La seconda città siriana è caduta nelle mani dell’esercito alawita di Bashar al-Assad. Aleppo è stata piegata dopo mesi di bombardamenti incessanti. Ora le forze navali della Russia dispongono di una seconda base permanente in Siria a Tartus che si affianca a quella di Latakia e possono comunicare egregiamente come, nel poco tempo trascorso dall’occupazione della Crimea, sia cambiata la presenza militare di Mosca nel Mediterraneo. Si tratta di fatti destinati a modificare in profondità la geopolitica della regione e che avranno ricadute sull’intero ecosistema mediterraneo.
In Siria, poi, i veri vincitori della battaglia di Aleppo non sono né i russi, né le truppe di Assad. Sul campo a vincere sono state soprattutto le milizie iraniane, da tempo al fianco delle truppe regolari alawite, che hanno prodotto un’avanzata verso Occidente e verso il Mediterraneo che probabilmente non si registrava più dai tempi dell’impero persiano. La presenza politica dell’Iran sciita inizia a essere rilevante e ingombrante nella regione. Filo iraniano e sciita è il governo iracheno di Baghdad; il nuovo presidente libanese Michel Aoun ha incontrato per primo proprio il rappresentante di Teheran, Javad Zarif, subito dopo l’insediamento avvenuto il 31 ottobre scorso; in Siria la forza militare e politica degli Hezbollah sciiti iraniani è tale che, perfino una città sunnita come Aleppo, ha dovuto arrendersi.
Una specie di unica nazione sciita si sta formando sotto le bandiere, i finanziamenti e le armi garantite dal governo iraniano. E l’Europa? Assente quasi del tutto nella gestione della crisi siriana e con troppa poca capacità di azione nell’area del Mediterraneo, l’Europa fatica a prendere per tempo le misure alle strategie sul campo portate avanti dalle nuove potenze regionali. Così, non deve sorprendere se la sfera di influenza di Teheran si è ampliata molto più velocemente di quanto non fosse stato previsto e che questa amplificata presenza delle milizie e degli interessi iraniani potrebbe innescare una reazione, anche muscolare, di Israele.
Forse nessun paese teme l’Iran più di Israele che qualche anno fa si è perfino spinto a bombardare un sito nucleare iraniano con un blitz mirato. Ma rimane davvero una attività non facile prevedere quali saranno gli effetti sistemici, in un Mediterraneo nel quale sono cresciuti sensibilmente peso e margini di azione di Iran e Russia. Anche perché Russia e Iran hanno interessi molto convergenti e possono giocare di sponda anche a discapito degli interessi altrui, inclusi quelli della Turchia. E così si capisce perché il Mediterraneo, non più presidiato dalla presenza di una superpotenza come gli Usa, sia diventato un mare molto agitato.
Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi