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Lo Stato in Mps? Fatti, dubbi e possibili alternative

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Un rapido consiglio dei ministri, due giorni fa, ha stabilito di chiedere al Parlamento l’autorizzazione ad aumentare il debito pubblico di un massimo di 20 miliardi di euro, ove si rendesse necessario “adottare misure aventi lo scopo di tutelare i risparmiatori qualora si materializzassero rischi nel settore finanziario”. Che tradotto vuol dire soldi pubblici per le banche in difficoltà. Siamo giunti all’epilogo, forse. Meno male, verrebbe da dire.

La misura ha due gambe, di fatto, come spiegato da Pier Carlo Padoan: «Una garanzia di liquidità per ripristinare la capacità di finanziamento a medio e lungo termine» delle banche e «un programma di rafforzamento patrimoniale» nel rispetto delle regole Ue. La prima gamba è relativa a garanzie su emissione di debito (senior), e rientra nella cornice Ue che mesi addietro aveva autorizzato lo stato italiano a fornire garanzie su liquidità sino a 150 miliardi, e per il debito pubblico è una “passività contingente”, cioè suscettibile di divenire tale. La seconda gamba è relativa all’assunzione di partecipazioni dirette nelle banche dopo che è stato applicato il burden sharing, cioè il sacrificio dei risparmiatori privati, ad esempio a mezzo di conversione in azioni del debito subordinato da essi detenuto.

Non è detto che il debito pubblico si innalzi di altri 20 miliardi, quindi. Potremmo essere fortunati e cavarcela con molto meno. Esisteva una via alternativa? In astratto sì, attraverso la conversione di debito delle banche in azioni delle medesime. Ricordiamo quello che dice la direttiva BRRD sul risanamento e risoluzione delle banche in dissesto: l’intervento pubblico può avvenire solo dopo aver effettuato azioni di bail-in su almeno l’8% del passivo della banca coinvolta. Nel caso di MPS, ad esempio, questo vuol dire 13 miliardi di debito potenzialmente convertibile, sia subordinato (per circa che 4,5 miliardi) che senior non garantito (per la differenza).

Questa norma è derogabile in caso di “rilevanza sistemica” della banca in dissesto. In quel caso, l’intervento del denaro pubblico può avvenire prima della soglia dell’8% del passivo, previa autorizzazione della Commissione Ue. Quanto prima? Noi penseremmo ad un 50% di soldi pubblici e 50% di burden sharing, cioè di conversione in azioni del debito subordinato. Oggi sui giornali italiani si può invece leggere di intervento del Tesoro in MPS solo dopo l’integrale conversione dei subordinati, quindi in via residuale, per circa un miliardo. Vedremo.

A voler essere molto brutali si potrebbe dire che bastava la conversione sino al fabbisogno del debito bancario, subordinato, senior non garantito ed anche quello secured, in caso di incapienza (questo è un esercizio teorico), senza coinvolgere soldi pubblici, ma noi siamo notoriamente senza cuore. Ma tentiamo di spiegare questa posizione rispondendo ad alcune domande, sempre le stesse, sul nostro sistema bancario.

Perché non usare soldi pubblici per nazionalizzare le nostre banche? La Germania lo ha fatto, vergogna!
La Germania lo ha fatto prima dell’era del bail-in e del burden sharing. Ma soprattutto, la Germania aveva capacità di debito per farlo. Noi no. Sembra incredibile che sia così difficile da capire. Ma evidentemente… Ah, riguardo all’altra ineluttabile domanda, “e allora, cosa dovrebbero fare le Landesbanken tedesche, che sono marce?”, prima trovate la prova di quanto affermate, poi la Germania provvederà a spendere soldi pubblici per consolidarle, dopo applicazione del bail-in.

Ma perché non chiedere l’intervento del fondo ESM già nel 2011-12, come fatto dalla Spagna?
Per un motivo che potrà sembrarti banale: all’epoca l’incidenza “visibile” delle nostre sofferenze bancarie non era tale da giustificare un simile intervento. Tutto andava benissimo e la Bce non aveva ancora iniziato a guardare davvero nei bilanci delle nostre banche. Tutto era splendido, lineare, pulito. Avevamo inventato il moto perpetuo: i nostri gioielli di banche concedevano credito dietro acquisto delle loro azioni, rigorosamente non quotate.

Poi arrivò la Bce, killer di un complotto tedesco contro l’”italianità”, e decise che il patrimonio della Popolare Vicenza derivante da contropartita nell’erogazione di fidi non dovesse essere computato ai fini di vigilanza, e tutto cominciò a sbriciolarsi. Le nostre banche “non parlavano inglese”, esattamente come il nostro attuale ministro degli Esteri; essere dei furbetti che tengono tutto sotto il tappeto era un titolo di merito, gli standard internazionali non erano così stretti.

E Atlante? Non ci avevano detto che sarebbe stato risolutivo? E che avrebbe reso “almeno il 6%”? Non ce lo hanno ripetuto sino alla nausea?
Beh, si, risolutivo a diffondere il contagio alle parti sane del sistema bancario italiano, mettendole in cordata. Quel rendimento era un miraggio, purtroppo rilanciato da una stampa mediamente troppo acritica. Per fortuna qualcuno ha capito per tempo, e non ha abboccato.

Si, ma se si fosse lasciato intervenire il Fondo Interbancario di tutela dei depositi non sarebbe andata così!
E per quale motivo, scusa? Sempre cordata era, identica ad Atlante e con la stessa identica funzione di trasmettere il contagio alle parti sane del sistema.

Bene, ma allora perché non approfittare del fatto che emettere debito pubblico costa poco e nulla, in questo momento? E poi magari le banche partecipate dallo Stato finiscono col rendere più del costo del debito…
Questo è l’auspicio. E comunque la speranza è l’ultima a morire. Il debito costa poco perché è in azione il whatever it takes di Draghi, ricordalo. Se non avessimo questa rete di protezione, il premio al rischio sul nostro debito sarebbe ben differente. Ma potremmo sempre uscire dall’euro e stampare i soldi necessari a nazionalizzare le banche, no?

Ma non potremmo cercare i soldi prendendoli ai manager inetti, rapaci e ladri?
Queste stronzate valgono solo nel magico mondo dei grillini e di quanti non sanno far di conto, amico mio. Perché secondo te i manager “inetti, rapaci e ladri” dispongono di alcune decine di miliardi? Provane un’altra, dai.

Ma non c’era un fondo americano che voleva comprare tutte le sofferenze di una delle nostre banche a prezzo stracciato e poi fare un aumento di capitale riservato, divenendo padrone?
Si, ma non gli è stato permesso di farlo. Chissà perché. Forse perché le nostre sofferenze sono un prodotto tipico artigianale italiano che va difeso da attacchi stranieri.

E quindi che faresti, visto che sei sempre insuperabile nella pars destruens ed elusivo in quella construens?
Che io sia elusivo nelle proposte è una canzoncina utile a chi non sa o non vuole leggere. Te l’ho detto sopra: conversione dei debito bancario in azioni per la parte necessaria a colmare il buco di capitale. Poi, soldi pubblici solo per indennizzo dei risparmiatori “truffati”. Se ce ne sono, ovviamente. Ma dovresti essere contento, no? Finalmente siamo arrivati al punto da molti italiani anelato ed agognato: soldi pubblici nelle nostre banche. Ancora una volta: attenti a quello che desiderate, potrebbe avverarsi.


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