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Pensiero sistemico e pensiero strategico

Le “classi dirigenti”, quelle di cui l’Italia (ma non solo) sembra carente in questa fase storica (eccellenze escluse, naturalmente), non possono che “nutrirsi”, nel mondo-che-è, di pensiero sistemico e strategico.

Nulla di ciò che accade, all’interno dei sistemi Paese e a livello globale, può più essere approcciato, analizzato e governato separatamente dal resto. Questo ci obbliga a pensare sistemicamente, a lavorare sempre di più sulle interrelazioni che portano, al contempo, integrazione e dis-integrazione. Dobbiamo maturare una cultura sistemica e di sintesi, capace di comprendere i processi storici, i vincoli reciproci (non eludibili) e i limiti e le potenzialità che ne derivano.

Altresì, abbiamo bisogno di un pensiero strategico, aperto, complesso, critico, libero. Al dato della interrelazione sistemica va aggiunto quello della imprevedibilità che vediamo crescere nel mondo diseguale, a-polare e sempre più contrassegnato da minacce a-simmetriche.

In una espressione, pensiero sistemico e pensiero strategico possono essere riassunti nel “pensiero progettuale”. I popoli, e in particolare le “classi dirigenti” (salvo alcune élites), non hanno una mentalità in grado di cogliere e di accogliere i “segni dei tempi”; siamo ancora legati, con particolare riferimento al pensiero politico, al ‘900 che non c’è più, alla separazione fra bianco e nero, amico e nemico, occidente e resto del mondo. Tutto questo mentre la realtà, quella vera, va “in direzione ostinata e contraria”. Cambiare i nostri paradigmi di riferimento, allora, non è solo una opzione possibile ma è il richiamo della realtà-in-noi; non possiamo più permetterci di non ascoltarlo.

 



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