“Si può fare finta di niente e sarebbe un po’ un peccato. Si può cercare di intraprendere la strada indicata anche dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, e ricalcolare tutte le pensioni e quindi il divario eccessivo tra contributi versati e prestazioni ricevute, soluzione che però mi sembra drastica e non proponibile. Ci può essere però la strada di mezzo, che a me sembra quella del buon senso: rinnovare il contributo di solidarietà per altri due anni, sperando che in questo lasso di tempo si sia usciti in maniera più certa dalla crisi economica per poi ritornare al sistema passato”. Elsa Fornero, già ministro del Lavoro nel governo tecnico di Mario Monti fa un appello, in questa conversazione raccolta da Formiche.net, alle forze politiche e al governo perché il contributo di solidarietà sulle pensioni più alte “quelle sopra i 90mila euro per intenderci” possa continuare a esserci soprattutto “per garantire anche i giovani e quel patto generazionale” che invece oggi è pagato soprattutto dalle categorie meno tutelate.
Da gennaio infatti non sarà più applicato il “contributo di solidarietà” a quelle che vengono definite un po’ grossolanamente “le pensioni d’oro”. Da tre anni infatti tutti coloro che percepiscono almeno 91.344 euro lordi, una platea di circa 40mila pensionati (che guadagnano in media 7.500 euro lorde mensili) si sono visti decurtati il proprio assegno del 6 per cento, del 12 per cento e del 18 per cento in base allo scaglione del reddito percepito. Tutto questo però dal 1° gennaio 2017 non sarà più in vigore. I pensionati “di lusso” potranno tornare a godersi interamente il proprio assegno, così come facevano fino al dicembre 2013. Almeno che il governo di Paolo Gentiloni non voglia intervenire per reintrodurre il “contributo di solidarietà”. Ascoltando ad esempio quanto già detto più volte appunto dal presidente dell’Inps “sarebbe opportuno chiedere un contributo di solidarietà per i più giovani e anche per facilitare e rendere più facile anche a livello europeo questa uscita flessibile” o facendosi scudo della sentenza della Corte Costituzionale che in soldoni ha detto che, pur comportando innegabilmente un sacrificio sui pensionati colpiti, “il provvedimento è comunque sostenibile in quanto applicato solo sulle pensioni più elevate, da 14 a oltre 30 volte superiori a quelle minime”.
Un contributo, quello di solidarietà, visto come una misura di equità sociale che venne pensato dal governo Monti attraverso il “Salva Italia” che introdusse per il periodo agosto 2011-dicembre 2014, un prelievo temporaneo sulle pensioni più alte, con l’obiettivo della “stabilizzazione finanziaria”, di evitare cioè il rischio default; proseguito poi dall’esecutivo guidato da Enrico Letta e che adesso rischia di “andare in pensione”.
“Credo che non sia praticabile la strada evocata anche dal presidente dell’Inps di andare a ricalcolare tutte le pensioni del passato sulla base del metodo contributivo – aggiunge la professoressa Fornero – e a mio avviso non sarebbe inopportuno continuare a chiedere, anche in considerazione che la crisi economica non sembra affatto finita, a persone che hanno redditi alti, oltre i 90mila euro, di versare un contributo di solidarietà. Credo che questo sia anche interamente nello spirito della nostra Costituzione e non è tassazione di redditi”.
Elsa Fornero non pensa, inoltre, che venga meno il “diritto acquisito” di chi ha maturato la pensione. “La nozione di diritto acquisito va contestualizzata – spiega – il diritto acquisito che veniva da un privilegio mi sembra che possa essere messo in discussione dal momento in cui la popolazione di un paese come il nostro è in grande difficoltà. La nozione di diritto acquisito non può essere una nozione assoluta”.
La domanda a questo punto è però se il governo ha la forza per fare un passo di questo tipo. “Secondo me è molto difficile sia perché il tema delle pensioni è stato definito nella legge di stabilità e quindi adesso è difficile rimetterci mano soltanto per questa questione e anche perché questo, a detta di tanti, è un governo destinato soprattutto ad approvare la legge elettorale, cosa di certo facile”.
Eppure la proroga del contributo di solidarietà per un altro biennio non è un’eresia, sarebbe per l’ex titolare del ministero del Lavoro un atto di “equità sociale”. Chissà se il suo appello verrà raccolto dal Parlamento o dal governo appena insediato: i tempi stringono e il 31 dicembre è oramai alle porte.