Il 25 e 26 novembre scorsi si è svolta nella splendida cornice di Taormina la due giorni degli Stati generali del turismo per fare il punto della situazione nell’isola, anche alla luce degli ultimi dati di Confartigianato sui flussi e le presenze sul territorio nazionale. Il paradosso è che i siciliani vantano il primato fra le mete turistiche, ma si classificano in vetta anche della meno prestigiosa classifica che individua le regioni con il maggior deficit infrastrutturale. Vorrei ma non posso, insomma. Perché a Taormina si è parlato anche del piano regionale che l’assessore Anthony Barbagallo sta rifinendo in vista dell’approvazione entro fine anno: fra le priorità vi è la necessità – comune a molte aree turistiche del sud – di attrarre visitatori non solo nella stagione estiva ma durante l’intera annata, destagionalizzazione quindi, che deve passare attraverso la promozione, l’utilizzo del web, una seria presenza di info-point e un’efficiente coordinazione tra aeroporti e porti. Il tema delle infrastrutture per l’appunto è stato al centro della kermesse cui, non a caso, hanno preso parte anche i vertici delle società di gestione degli aeroporti siciliani. Oltre ai fondi europei – che sono manna dal cielo per il Mezzogiorno bistrattato – occorrono interventi di rilievo per sviluppare la rete infrastrutturale, come ha rilevato anche il Ministro della cultura Dario Franceschini, ospite d’onore e per l’occasione passeggero dello storico “Treno del Mito” che lo ha portato da Catania a Taormina dove una volta sceso pare abbia esclamato senza esitazione: “bisogna portare l’alta velocità anche in Sicilia”.
A giugno 2015, il presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Palermo Vincenzo Barbaro dava l’allarme per i numeri impietosi sulla bassa occupazione nell’isola e avanzava la proposta che gli sgravi contributivi del Jobs Act, in Sicilia, venissero destinati alle infrastrutture e alla manutenzione del territorio, denunciando gli ostacoli cui devono far fronte le imprese costrette a “inventare packaging che impediscano il deperimento delle merci a causa dei lunghissimi tempi di percorrenza dei mezzi di trasporto, anche sui sistemi intermodali”. La realtà delle infrastrutture siciliane parla infatti di ritardi sulla realizzazione di opere strategiche, di progetti di completamento annunciati e mai avviati, di studi di fattibilità e riprogettazioni, ma anche di linee ferroviarie chiuse per il crollo di ponti oppure per smottamenti di più o meno grossa portata. Basta ricordare, per rinfrescarsi la memoria, il raddoppio della Catania-Palermo (quella che doveva essere l’unica linea ad alta velocità e capacità a collegare le due città in 1 ora e 20 minuti), la Palermo-Messina, il raddoppio della Giampilieri-Fiumefreddo, le tratte Caltagirone-Gela e Gela-Canicattì, il raddoppio di 2 km della Catania Ognina-Catania Centrale (il nastro non è stato ancora tagliato e i lavori proseguono da dieci anni!).
Bisogna ripartire, ad ogni costo. E occorre farlo dalle infrastrutture, come sostiene pure il sindaco di Messina Renato Accorinti, “che sono la precondizione di tutto il resto e non è possibile arrivare in aereo a Catania e poi se vuole arrivare ad esempio a Marsala ci sta quanto un nostro viaggio a Los Angeles”. Del resto, come dargli torto quando dice che “quello che abbiamo è unico e non è clonabile dalla Cina”?