Cosa succederà a Telecom Italia dopo la scalata del suo principale azionista in Mediaset? La notizia dello shopping del finanziere bretone, Vincent Bolloré, che con la sua Vivendi è giunto al 20% del capitale di Mediaset, lascia intravedere in Italia i primi passi verso una possibile convergenza tra l’industria delle telecomunicazioni e quella dei media, rappresentata in questo caso dal gruppo del Biscione. Ma lo scenario più accreditato, a medio termine, secondo analisti ed esperti del settore, vede Oracle dominus finale dell’attivismo di Vivendi in Mediaset e in Telecom. Secondo quelle che al momento sono solo indiscrezioni senza conferme, il finanziere Bolloré (tra mire e furbizie, come raccontato ieri da Formiche.net) punta a fare massa critica, celando peraltro affanni finanziari in Francia come nel caso di Canal +, per vendere poi il tutto al colosso transalpino Orange. Sarà così. Si vedrà. Ecco, comunque, sfide e opportunità per Telecom Italia presieduta da Giuseppe Recchi e capitanata dall’ad, Flavio Cattaneo, nella prospettiva di una compenetrazione fra contenuti e servizi con l’attivismo di Vivendi, primo azionista di Telecom Italia.
L’INTEGRAZIONE CONTENUTI/TLC
Al momento, infatti, in Italia media e telecomunicazioni corrono ancora su binari separati. Ma la mossa di Bollorè potrebbe essere il preludio di una nuova stagione anche nel nostro Paese: “La strategia di Bollorè è abbastanza evidente”, ha scritto ieri Formiche.net: “Vuole stringere i tempi per creare la Netflix del sud Europa prima che arrivino altri, a cominciare da Rupert Murdoch. In Francia ha chi produce contenuti (Vivendi, Canal +) ma non basta. In Italia ha chi li può distribuire (Telecom che va fa capo a Vivendi), però manca una strategia comune e in ogni caso non sarebbe ancora sufficiente. Mediaset può essere un valore aggiunto importante, ha il 56% del mercato pubblicitario italiano, è forte in Spagna ed è ancora nubile”.
“Non c’è dubbio che anche in Italia lo sviluppo del mercato della banda larga e ultralarga andrà nella stessa direzione e la competizione crescente fra gli operatori di telecomunicazione spingerà questi a investire in qualche modo nel mercato della pay tv”, ha spiegato Emilio Pucci, direttore e-Media Institute.
LO SCENARIO INTERNAZIONALE
La strada della convergenza tra operatori telefonici e Tv è invece abbastanza spianata a livello mondiale: “In Usa, Regno Unito e Spagna il 100% degli abbonati a servizi di pay-tv sono abbonati di operatori che praticano il cosiddetto triple-play o quad-play (offerte integrate). In Uk l’ingresso di BT nella pay-tv è stato la naturale risposta all’ingresso di Sky nel mercato delle Tlc. In Spagna, dopo l’acquisizione da parte di Telefonica di Digital + e l’acquisizione di Ono da parte di Vodafone, l’intero mercato della pay-Tv è in mano a operatori di Tlc”, ha spiegato Andrea Biondi sul Sole 24 Ore riportando i casi più celebri di offerte integrate in Usa, Regno Unito, Spagna, Francia e Germania e spiegando che “il processo non è mai decollato in Italia che pure è stato il primo mercato a ospitare tale integrazione (basti pensare all’esperienza pionieristica di Fastweb)”.
I RISULTATI SCINTILLANTI DI CATTANEO
Intanto la cura dimagrante di Cattaneo sembra aver portato i suoi frutti nei risultati di Telecom Italia relativi al trimestre che va da luglio a settembre: Sara Bennewitz su Repubblica parla di “segno positivo sia sul lato dei ricavi della telefonia fissa (+1%) e mobile (+7,9%), sia a scalare di tutte le altre principali voci del bilancio” e di un “incremento del fatturato – che è stato accompagnato anche dall’aumento e della rimodulazione delle tariffe (+1,4% i ricavi consolidati a 4,8 miliardi) – insieme a un importante opera di taglio costi voluto dall’ad Flavio Cattaneo”, che “hanno portato la società a chiudere il trimestre con un margine lordo in crescita dell’8,5% a 2,2 miliardi”. Altrettanto ottimistici i pronostici per l’ultimo trimestre del 2016, che – ha aggiunto Bennewitz – “dovrebbe proseguire sulla strada della crescita, dato che la società ha confermato l’obiettivo di chiudere l’anno con un margine lordo in aumento del 4-5 per cento”.
LA LETTERA DI ASATI
Ma “senza un buon clima aziendale parlare di turnaround, di efficientamento o di rivoluzione culturale suona piuttosto sterile: si corre il rischio che il “cambiamento” sia una parola effimera, senza alcuna possibilità di determinare benefici significativi nel lungo periodo”, ha scritto Asati, l’associazione degli azionisti di Telecom Italia, che vista l’imminenza del prossimo consiglio di amministrazione del gruppo hanno inviato una lettera ai consiglieri di amministrazione, ai membri del collegio sindacale e alla Consob, con alcuni spunti di riflessione in vista della chiusura dell’esercizio 2016 e l’elaborazione del piano triennale 2017/2019.
Dopo aver espresso più volte il disappunto sull’importo dello Special Award assegnato all’Ad e ai collaboratori da lui prescelti in prossimità della scadenza di fine anno, Asati invita i vertici di Tim a verificare “se l’ammontare dell’importo dello Special Award maturato al 31.12.2016 sarà contabilizzato nel bilancio 2016 secondo un criterio di competenza (concorrendo pertanto al calcolo del premio stesso), ovvero se verrà contabilizzato integralmente al momento del pay off secondo un (discutibile) criterio di cassa”.
Gli azionisti di Telecom mal sopportano che si continui a descrivere il passato come “un momento caratterizzato solo da lacune e inefficienze, scordando sia il fatto che Telecom Italia è stata – e continua ad essere – la “casa” delle telecomunicazioni in Italia, sia che tale “denuncia” venga effettuata da un Consiglio di Amministrazione in cui molti dei suoi membri siedono da molti anni”. E poi “i problemi, lasciatecelo dire, non si risolvono solo con la costituzione di “Job center” e la mobilità forzata di persone o con centinaia di contestazioni disciplinari, come sta accadendo in queste settimane: se cambiamento deve essere, cambiamento potrà essere se sarà conosciuto e condiviso in larga parte”, si legge nella lettera firmata dal presidente di Asati, Franco Lombardi.