Mentre continua la oramai infinita successione degli attacchi terroristici micronizzati e de-gerarchizzati, da ultimo a Firenze e ad Istanbul, ma con morti e feriti reali, il ministro degli Interni tedesco de Maizières, figlio di cotanto senno per chi conosce la storia della fine della DDR, propone una legge di modifica della sicurezza nazionale che riguarda i Servizi tedeschi e urta clamorosamente con la stessa struttura federale dello Stato tedesco. Si sono levate forti voci di opposizione non solo a Sinistra e da parte dei Länder, che sostengono una struttura regionale della tutela della sicurezza, ma soprattutto all’interno della CDU-CSU.
I filosofi della politica poco si occupano del rapporto tra la Politica (intesa come sistema per la gestione del potere reale in un Paese) e i Servizi di informazione per la sicurezza di un Paese. La recente de-secretazione di alcuni dossier degli archivi del MI5, Reparto affari europei, l’organismo britannico per i servizi informativi e la sicurezza all’estero (che molto avrebbe da dire sull’impiego di giovani ricercatori come il nostro Regeni “attenzionati” o attivati – questo è ancora da chiarire – perché operanti in contesti esteri sensibili), ha messo a disposizione un carteggio tra diplomatici del Regno Unito e la Lady di ferro sulle preoccupazioni britanniche riguardanti il medio-lungo periodo in merito alla riunificazione tedesca, avvenuta come noto in modo singolare nel 1989-90. Si trattava di una dimensione temporale nel guardare al futuro che la nostra Italia, come spiega l’esperto di geopolitica e sicurezza Giancarlo Elia Valori, attualmente non pratica.
La politica “in-forma” i Servizi modellando le sue esigenze di sicurezza e questi ultimi informano i politici sulle misure e le azioni concrete da attuare all’estero. A volte i Servizi – ed è grave – oltre a informare, per così dire, operano sulla e deformano la politica con una azione che potrebbe essere paragonata, mutatis mutandis, alle attività di “supplenza” che la magistratura – cioè il potere giudiziario – svolge in Italia talvolta – ed è una tendenza che preoccupa – sugli altri due poteri, il legislativo e l’esecutivo, a seconda delle circostanze.
Ora la filosofia della politica non è certo adusa ad analizzare questi nessi, con la felice eccezione del compianto professor Miglio che ne scrisse con prudenza, ma tentare di fare il contrario la mette in un situazione che, con le armi attuali di analisi, corrisponderebbe ad affermare che la medicina sia una scienza esatta… Andate in un ospedale e avrete la percezione empirica di questo. In Gran Bretagna questo rapporto tra politica e Servizi è più comprensibile, più empiricamente asseverabile e se ne può discutere. Regolarmente gli storici ricevono informazioni da archivi di Sua Maestà, che vengono ufficialmente o ufficiosamente (ad arte, come parte delle attività di intelligence) aperti.
Quello che si conosceva, nel caso specifico che vogliamo analizzare, sino ad ora è che ci fosse stata una disponibilità aperta a concedere ai tedeschi lo spazio di manovra per la riunificazione, con una sorta di accondiscendente benevolenza. Ora quello che emerge da questi carteggi, peraltro in parte noti da fonte sovietica, è che la signora Thatcher si poneva di fronte al fatto tecnico, e ancor più sostanziale, della Wiedervereinigung con preoccupazione e scetticismo. Ne emerge con chiarezza che il premier inglese poté essere convinta dai suoi consiglieri più stretti con enorme fatica ad accettare una Germania unita – obbiettivo peraltro inserito nella Costituzione della Repubblica federale – come un alleato nella Nato e, in seconda battuta, nella futura Unione europea, verso la quale aumentava lo scetticismo inglese.
In un incontro con l’ambasciatore tedesco a Londra il 3 ottobre 1990 risulta che i collaboratori della determinata leader britannica suggerissero di usare nei colloqui le parole “amico”, “alleato” e “partner” il più possibile e comunque per quanto la Lady di ferro potesse concedersi. Altrimenti, in quel clima concitato e incerto sui meccanismi della riunificazione, che furono per lo più inventati ad hoc (qualcuno ha parlato di Anschluss) il successo del futuro incontro con il Cancelliere Helmut Kohl sarebbe stato in forse e i rallegramenti formali per la riunificazione sarebbero stati interpretati piuttosto negativamente.
L’Europa degli anni ’90 nasce in questo clima e questi segni sono retaggio di una path dependancy ineliminabile che ha condotto anche ai precari rapporti odierni segnati dal grande allargamento del 2004. La signora Thatcher poi si lasciò convincere e si rivolse “all’amico” Helmut con parole di vicinanza politica, ma il modo di essere appartenenti allo schieramento conservatore europeo dei due Sattisti fu sempre estremamente diverso.
Non solo dunque a livello del sentimento popolare ma anche nelle alte stanze del potere alla corte di San Giacomo regnava una insicurezza sul fatto che la Germania, tornata grande e unita, potesse continuare a rinunciare a una politica di potenza, intesa nelle varie accezioni politologiche moderne, come aveva manifestato nel primo cinquantennio del XX secolo.
Un gruppo di esperti che si riunì a Londra ancora nel marzo 1990 non poté raggiungere una conclusione comune sul tema. Esso riconobbe nel tedesco medio debolezze caratteriali, tra cui una forte inclinazione alla autocommiserazione, il desiderio di venire apprezzato, la caratteristica di gettarsi oltre gli obiettivi e di sopravvalutare le proprie forze e capacità. Siamo dunque alla psicologia politica e alla analisi della caratterialità di un popolo… Come poteva costituirsi una Unione europea come quella pensata dai padri fondatori con queste premesse?
Agli atti del gruppo di lavoro si legge: “Il modo in cui i tedeschi attualmente sgomitano ed esercitano il loro influsso nella Ce dimostra che molto non è mutato dal passato”. Il dossier però conclude raccomandando al soverno di Sua Maestà di essere “gentile verso i tedeschi”. Fu un esercizio vano?
La Thatcher è stata la prima donna premier del Regno Unito e il suo premierato, dal maggio 1979 al novembre 1990, è stato il più lungo di ogni altro capo di governo britannico nel XX secolo, caratterizzando anche con un approccio neoliberista la politica economica di Londra, con evidenti punti positivi nei risultati raggiunti per fronteggiare la crisi economica e occupazionale dopo la fine dei trente gloriueses.
Quella che fu subito ribattezzata come Lady di ferro negoziò nel 1984 l’accordo, valido ancora oggi in tempi di Brexit, sulla riduzione della quota britannica alle contribuzioni previste dalla Ue, riduzioni obiettivamente legittime a fronte della strutturale differenza dell’economia britannica da quelle continentali. Si pensi solo nel campo della Pac, che un ruolo fondamentale ha svolto nella storia delle vicende europee, al fatto che i britannici risultassero importatori netti di prodotti agricoli dalla Ue, ma che le poche produzioni locali, tutte di eccellenza e grande efficienza (come i distillati, i formaggi e le confetture) non riuscissero ad appropriarsi di alcun sussidio appunto per le condizioni di alta qualità ed efficienza raggiunte.
Nonostante le sue riserve verso la riunificazione tedesca e lo scetticismo di fondo nei confronti di Bruxelles, la signora Thatcher, scomparsa nel 2013, sarebbe stata, secondo consiglieri politici e persone a lei vicine, fortemente contraria a una uscita del Regno Unito dall’Unione europea.