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Cosa c’è (e cosa non c’è) nel decreto milleproroghe

Paolo Gentiloni

Questa volta il consueto decreto milleproproghe di fine anno balza agli occhi più per i temi rimasti fuori dalla porta che per i provvedimenti presi dal governo. Nel testo votato giovedì scorso in Consiglio dei ministri si parla tra l’altro di questioni tariffarie per Poste Italiane, di consulenti finanziari autonomi e anche di termovalvole e della proroga di un anno i contratti in essere per 40mila lavoratori precari della Pubblica amministrazione, in deroga al Jobs Act. Ma non c’è traccia dello slittamento della riforma delle banche popolari, degli interventi fiscali per le Bcc e neppure di un allungamento delle scadenze per la liquidazione dei fondi immobiliari, che pure erano nell’aria.

Per quanto riguarda il primo punto, come noto, la riforma prevede la trasformazione degli istituti più grandi in società per azioni entro il 2016. Quasi tutte le banche coinvolte hanno già adottato la nuova forma societaria. Tranne Bari e Sondrio che avevano fissato le assemblee in dicembre, quando un’ordinanza del Consiglio di Stato ha bloccato i regolamenti attuativi. Di conseguenza le assemblee sono state rinviate, anche perché sulla questione pende una sentenza della Corte costituzionale. Così il mercato, in attesa di un quadro normativo più certo, aveva ipotizzato pure uno slittamento della scadenza per la trasformazione. Ma, almeno per ora, non c’è ombra di proroga, e c’è chi sostiene che non sarebbe neppure necessaria visto che in ogni caso oggi la riforma è bloccata dalla sospensiva del Consiglio di Stato, che tornerà a riunirsi in camera di consiglio il 12 gennaio per confermare o meno la decisione.

Nessun provvedimento è stato preso neanche sulla questione della deferred tax (dta) per estenderlo alle Bcc, nonostante l’appello lanciato da Confcooperative e Federcasse alla vigilia del Consiglio dei ministri. Grandi assenti anche i fondi immobiliari sui quali si prevedeva una proroga delle liquidazioni per evitare una corsa alle vendite in un momento in cui il mattone non è ancora ripartito. Ma in questo caso il passo indietro non sarebbe da attribuire al governo, ma alla stessa industria immobiliare che vorrebbe mantenere le promesse prese con i clienti (già alle prese con un calo di fiducia verso il sistema bancario) e punterebbe piuttosto a rendere più agevole l’eventuale trasformazione dei fondi immobiliari in scadenza in siiq.

Nel provvedimento, oltre alla proroga di sei mesi delle termovalvole, e di un anno dei contratti precari della pubblica amministrazione, ci sono, come detto, anche interventi che riguardano le tariffe agevolate di Poste Italiane verso gli editori. Manovre che predono atto dello stallo della trattativa per rivedere i prezzi dopo che, dal 2010, non c’erano più compensazioni da parte dello Stato. Fino all’adozione di nuove tariffe agevolate postali per le spedizioni dei prodotti editoriali «vengono prorogate quelle in vigore, fissate dal ministero dello Sviluppo nell’ottobre 2010» è scritto nel decreto, e per lo stesso periodo si prorogano anche le agevolazioni tariffarie di stampe promozionali e propagandistiche spedite in abbonamento postale, effettuate da associazioni e organizzazioni no profit, associazioni d’arma e combattentistiche. Rinvii che sono però stati in parte compensati dal fondo dell’editoria di 60 milioni previsto dalla legge di Bilancio.

(estratto di un articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza)

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