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Che cosa si è detto al World Economic Forum di Davos

Pier Carlo Padoan

L’annual meeting del World Economic Forum si è aperto lo scorso martedì con il discorso del presidente Xi Jinping, il primo leader cinese che sia mai intervenuto nel tempio del liberalismo occidentale. Ma anche ieri, nel secondo giorno, non sono mancati i colpi di scena. Primo fra tutti, il discorso del vice presidente, ancora per 24 ore, degli Stati Uniti, Joe Biden.

XI JINPING: “LA CAUSA DEI PROBLEMI NON E’ LA GLOBALIZZAZIONE”
Il presidente Xi Jinping si è di fatto posto come difensore della globalizzazione e del libero mercato. Nonostante non abbia mai menzionato Trump, il presidente eletto Usa è stato chiaramente il bersaglio di alcune sue affermazioni. “Nessuno esce vincitore da una guerra commerciale. Praticare il protezionismo è come chiudersi in una stanza buia: vento e pioggia restano fuori, ma anche la luce e l’aria”, ha detto. “Qualcuno critica la globalizzazione per il caos del mondo, ma la causa dei nostri veri problemi sono le guerre e i conflitti”.

BIDEN: “LA RUSSIA E’ LA PIU GRANDE MINACCIA ALL’ORDINE INTERNAZIONALE”
Nel suo ultimo discorso ufficiale prima di lasciare l’incarico, il vice presidente Usa ha descritto la Russia come la più grande minaccia all’ordine mondiale liberale e ha sottolineato che Washington deve lavorare con l’Europa per resistere a Vladimir Putin. “Sotto il presidente Putin la Russia sta lavorando con ogni mezzo per minare alle basi il progetto europeo, testare le debolezze delle nazioni occidentali e tornare a una politica definita da sfere di influenza”, ha detto. “La Russia proverà a interferire nel processo democratico che vedrà quest’anno molti paesi europei al voto, continua Biden, e lo scopo è chiaro: far crollare l’ordine internazionale liberale”. Ha poi esortato Trump, pur non nominandolo in modo diretto, a rispettare l’articolo 5 dell’Alleanza atlantica (definita pochi giorni fa “obsoleta” dal presidente eletto), che vincola gli stati membri a un “dovere sacro”: se uno di questi viene attaccato, è come se venissero attaccati tutti gli altri.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI IRANIANO SULLA SIRIA
Il Ministro degli esteri iraniano, Mohammad Jafad Zarif sulla Siria: “Non ci sono soluzioni militari in Siria. Dobbiamo provare a mettere fine al massacro e andare avanti, prima di tutto attraverso il dialogo fra i siriani. Speriamo che il cessate il fuoco comprenda tutto il paese; ovviamente i terroristi, Daesh, Isis e al-Nusra, ne sono esclusi, ma speriamo che tutte le parti che hanno firmato l’accordo, così come i gruppi di opposizione armata e il governo siriano, saranno presenti ad Astana (dove si terrà il vertice del 23 gennaio prossimo per i colloqui di pace in Siria), con la prospettiva di mettere fine alle ostilità e iniziare un percorso politico”.

L’INTERVENTO DI LAGARDE
Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, chiamata a rispondere su come una migliore distribuzione della ricchezza possa rispondere all’avanzata populista nel mondo, durante il panel intitolato “Squeezed and angry: how to fix the middle-class crisis”, ha affermato che le riforme da adottare sono prima di tutto fiscali e strutturali. “Ma deve essere un processo granulare, regionale, focalizzato su ciò che le persone ne ricaveranno, e probabilmente significa più redistribuzione di quella che abbiamo oggi. Le disuguaglianze eccessive sono state un freno alla crescita sostenibile”.

IL PUNTO DI VISTA DI PADOAN
Disuguaglianze che sono alla base di un mondo polarizzato e diviso, dal punto di vista politico, sociale ed economico, dunque estremamente complesso da governare per i policy maker, secondo il ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, intervenuto al panel “Leading in divided times”. “Da dove vengono le divisioni? Dall’insoddisfazione dei cittadini verso il loro presente e le prospettive future, dall’enorme differenza fra ricchi e poveri e dalla distanza fra cittadini e politica”, ha detto. “I cittadini sostengono che i provvedimenti politici siano inutili, nella migliore delle ipotesi. Quindi la loro risposta ai provvedimenti è no. È il periodo del no. I leader devono avere il coraggio di fare provvedimenti efficaci, anche se dolorosi nel breve termine e di dichiarare una visione per i prossimi venti o trent’anni”.

L’EDITORIALE DEL NEW YORK TIMES
Ma l’appuntamento di Davos riuscirà a portare a conclusioni concrete per colmare queste disuguaglianze? È ciò che si chiede il New York Times, in un duro editoriale firmato dalla redazione. In cui si scrive che “il World Economic Forum ha aperto l’annual meeting dei più ricchi e potenti del mondo, con lo sfondo delle rivolte contro le élite globali” e si domanda “se questi campioni dorati della globalizzazione ora sceglieranno di affrontare le disuguaglianze o se continueranno a mangiare e bere come al solito. Ma affinchè Davos sia qualcosa di più, deve affrontare davvero la globalizzazione, e andare oltre le sue solite banalità sul costruire un sistema dinamico, inclusivo e multi-stakeholder di governance globale”.



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