Già il nome della collana in cui esce questo volume, Idòla, è indicativo: “Libri contro le false certezze”, li definisce Laterza. Il titolo, poi, è altrettanto forte: ‘In democrazia il popolo è sempre sovrano’, seguito da un “Falso!” che gli campeggia accanto in copertina. Ma l’ulteriore e fondamentale elemento che indica l’originalità culturale di questo saggio è ovviamente l’autore, lo storico defeliciano Emilio Gentile.
Da un lato, la definizione di democrazia cui Gentile promette di attenersi è quella per cui “i caratteri fondamentali dei regimi democratici sono appunto le elezioni, il regime rappresentativo, la lotta fra i partiti e la possibilità del cambiamento pacifico del governo”. A questa tesi si oppone però una constatazione: nell’”era della democrazia”, per dirla con Norberto Bobbio, in cui quasi tutti gli Stati, i partiti e i movimenti politici si dichiarano democratici, in cui la democraticità sembra un dato scontato della dimensione politica, il popolo sembra spesso limitarsi a un ruolo da comparsa: entra in scena solo al momento del voto. Un malessere del quale sono evidenti alcuni sintomi: “Il principale e il più allarmante fra tutti è la delusione, la disaffezione, la sfiducia del popolo sovrano nei confronti dei governanti, delle istituzioni democratiche, dei partiti”.
Viviamo quindi in una mera “democrazia recitativa”, formale? ‘Il capo e la folla. La genesi della democrazia recitativa’ è, del resto, il titolo di un altro saggio di Gentile, edito sempre da Laterza nel 2016. “Se è vero che in democrazia il popolo è sempre sovrano, oggi che la democrazia appare trionfante”, insiste l’autore, sorge il dubbio che quelle di Abraham Lincoln, che definì la democrazia “il governo del popolo, dal popolo, per il popolo”, “siano soltanto belle parole”. L’analisi di Gentile è difficilmente confutabile, se si dà uno sguardo alla cronaca recente: corruzione e autoreferenzialità della classe dirigente, demagogia e populismo dei leader, manipolazione dell’opinione pubblica, politica degli “annunci” e accidia dei cittadini, che trovano la loro valvola di sfogo contro le oligarchie di governo e di partito (le cosiddette “caste”) nel mugugno web e nell’aleatorietà elettorale.
Ma si tratta di aspetti contingenti o congeniti? Il saggio afferma con chiarezza che certi processi partono da lontano: “la malattia delle democrazie attuali ha certamente origine da eventi e condizioni recenti ma non è un fenomeno del tutto nuovo”. Raymond Aron – ricorda Gentile – affermò già nel 1960 di non essere “sicuro che esista una democrazia nel senso vero della parola”, perché se “si conviene di chiamare così il potere del popolo, si può chiamare democratico qualsiasi regime, compreso un regime totalitario che si appoggia sulla volontà popolare”. E poi “la democrazia per sua stessa natura vive in uno stato di crisi permanente, perché deve costantemente rinnovarsi per adeguarsi”.