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Perché il dollaro si attapira dopo le parole di Donald Trump

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In nottata, ha preso a circolare insistentemente un’intervista di Donald Trump al Wall Street Journal in cui il presidente eletto ha criticato il progetto di Border Adjustment Tax, definendolo “troppo complicato” e ha dichiarato che il dollaro è già “troppo forte”, e che il recente intervento sullo Yuan delle autorità cinesi era volto ad attenuare le accuse di indebolire volutamente la propria divisa.

Naturalmente dollaro e tassi Us hanno accusato. Una marcia indietro sulla Border tax implica un minor supporto al biglietto verde (gli operatori contavano su un effetto compensazione per la maggior competitività delle esportazioni Us e quella minore per i beni di importazione) e minore inflazione (e quindi necessità per la Fed di alzare i tassi). Mentre il commento sulla forza del dollaro può essere interpretato come un inizio di tentativo di contenerne la rivalutazione, comprensibile da parte di un presidente che vuole riequilibrare la bilancia commerciale. Aggiungiamoci il positioning, estremo sui tassi e comunque sovrappesato dollaro, ed ecco che il rimbalzo di euro e yen ci sta tutto (sulla sterlina vedi sotto).

In verità, non è che il quadro fondamentale sui cambi sia stato rivoluzionato. Ammesso e non concesso che la Border Tax venga accantonata, questa potrebbe essere sostituita da semplici dazi, con un effetto simile. E il commento sul dollaro può essere riferito specificamente allo Yuan. Ma certo, nell’ultimo periodo abbiamo avuto più di un esempio di quanto sia pericoloso prendere alla lettera i commenti di Trump.  A bocce ferme, ci si può attendere un ulteriore rintracciamento di questi 2 “Trump Trade” nei prossimi giorni, via via che il mercato prende atto della volubilità del neo presidente.

Inutile dire che a Tokyo la svolta non è piaciuta affatto. Una migliore accoglienza alle news è stata data dai mercati emergenti, che gradiscono tassi Us e dollaro, in ritirata. Ma il tono era comunque cauto in attesa del discorso della May sulla Brexit, alla luce delle anticipazioni di ieri. E naturalmente la cautela si è accentuata con l’apertura europea, che ha dovuto fare i conti, oltre che con l’incombere della May, con l’euro in rafforzamento.

Ma la premier inglese, a metà giornata, ha usato toni più miti di quanto le indiscrezioni di ieri lasciassero intendere. Sull’immigrazione non ha calcato troppo la mano, riconoscendone i meriti. Ha usato un tono ugualmente morbido sulla giurisdizione legale e i contributi. Ha mantenuto la richiesta di un accordo globale su beni e servizi senza partecipazione all’unione doganale e al mercato comune, atteggiamento che non faciliterà certo le negoziazioni con l’Ue. Ma ciò che apparentemente ha preso un po’ in contropiede il mercato è stata la promessa di sottoporre a un voto parlamentare l’accordo finale, il che imporrà di coinvolgere il Parlamento nel processo, con l’eventuale effetto di attenuare il tono delle richieste.

Così, coadiuvata da un CPI UK di dicembre sopra attese, la sterlina ha preso il volo, infliggendo una dura punizione a chi aveva deciso di venderla ieri sulle anticipazioni. Anche qui il positioning ha esaltato non poco la reazione del mercato. E il sentiment sui mercati europei è sensibilmente migliorato, andando verso l’apertura di Wall Street (ad eccezione del FTSE 100, che aveva fatto tesoro della debolezza della divisa nelle ultime 2 settimane).

Dal canto suo, la borsa Us ha finora faticato a trovare una direzione. Da un lato l’intervista di Trump la tocca assai meno, visto la “complicata” border tax non era univocamente positiva per gli utili Us (tanto per cominciare, rafforzava il dollaro). Dall’altro il ritracciamento dei “Trump Trade” è , in una certa misura, contagioso. Ad esempio il protrarsi del rimbalzo dei treasuries è presumibilmente tra i motivi per le prese di beneficio che si notano sulle banche Us  nonostante trimestrali che in generale battono le attese (oggi è stato il turno di Morgan Stanley).

Sul fronte tecnico gli sviluppi continuano a scarseggiare, con il grosso degli indici chiusi in range assai stretti. Solo Tokyo ha bucato il supporto in chiusura, mentre il FTSE 100, pur avendo cancellato la performance di una settimana con la discesa odierna, si trova ben sopra il primo supporto.

A mio modo di vedere, con cambi e tassi da tempo in consolidamento, e il settore bancario Us, nel pieno di una buona reporting season, che fatica a tenere i supporti, le probabilità sono maggiormente a favore di un’uscita al ribasso dai range. Ma il segnale tecnico per ora non c’è.



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