L’eventuale unione tra Generali e Intesa Sanpaolo potrebbe creare un colosso del risparmio gestito, con masse per oltre 844 miliardi di euro, che si posizionerebbe al primo posto nella classifica dell’industria italiana dell’asset management con una quota di mercato vicina al 45%. Mentre a livello europeo tale polo entrerebbe nella classifica dei primi 15 gruppi del risparmio gestito. Si collocherebbe infatti al 14esimo posto avvicinandosi al colosso creato un mese fa da Amundi con l’acquisto di Pioneer da Unicredit , operazione grazie alla quale il gruppo francese è salito nella top ten degli operatori europei del settore, passando dalla 12esima all’ottava posizione grazie a masse lievitate a oltre 1.270 miliardi di euro.
I NUMERI DI GENERALI NEL RISPARMIO GESTITO
Di fatto la compagnia assicurativa triestina porterebbe in dote a Intesa 471 miliardi, pari a una quota di mercato nell’industria italiana del risparmio gestito del 25%, mentre la banca attualmente ha asset under management per 373 miliardi (di cui 285 miliardi di Eurizon Capital e 88 miliardi di Banca Fideuram), pari a una quota del 19,8%. Più nel dettaglio, in base agli ultimi dati di Assogestioni aggiornati al dicembre 2016, Generali gestisce in fondi aperti quasi 70 miliardi, cui si aggiungono 3,7 miliardi di gestioni di portafogli retail e soprattutto 398 miliardi delle gestioni assicurative, il core business della compagnia del Leone alato.
IL PESO DI EURIZON CAPITALE E DI FIDEURAM
Quanto a Eurizon Capital, la società guidata dall’amministratore delegato Tommaso Corcos (che è anche presidente di Assogestioni) ha un patrimonio in fondi aperti di 136,5 miliardi, in gestioni di portafogli retail di oltre 24 miliardi e in gestioni di portafogli istituzionali di 124 miliardi. Mentre Banca Fideuram, la banca rete che nel 2016 ha accorpato Intesa Sanpaolo Private Banking, sempre in base ai dati di Assogestioni, ha un patrimonio in fondi e gestioni, come accennato, di 88 miliardi, ma considerando la raccolta totale si arriva a masse amministrate complessive per 192 miliardi, un dato che rende la banca guidata dall’amministratore delegato e direttore generale Paolo Molesini la prima private bank in Italia e la quarta nell’area euro.
LA COMPLEMENTARIETA’ INTESA-GENERALI
Tutti questi numeri danno l’idea di come tra Intesa Sanpaolo e Generali ci possano essere complementarietà, dato che la prima è più esposta nel private banking e nella gestione dei fondi, mentre la seconda ha una minore esposizione nel business del risparmio gestito mentre ha come focus principale il business assicurativo.
Su quest’ultimo fronte è poi attiva anche la banca di Ca’ de Sass. La sua divisione insurance guidata da Nicola Maria Fioravanti è costituita dalle compagnie assicurative Intesa Sanpaolo Vita, Intesa Sanpaolo Life, Fideuram Vita, Intesa Sanpaolo Assicura e dalla società Intesa Sanpaolo Smart Care e ha asset under management pari a 142,6 miliardi (dati aggiornati al 30 settembre scorso).
LA STRATEGICITA’ DEL RISPARMIO GESTITO
Indipendentemente dalle prossime mosse dei due gruppi, è evidente che ormai l’asset management è diventato strategico per gli istituti finanziari, dal momento che assicura ricavi da commissioni in grado di compensare il calo dei margini in atto nell’ambito della tradizionale attività di finanziamento alle imprese. E in una fase di tassi di interesse ai minimi le dimensioni rappresentano una variabile cruciale per le fabbriche-prodotto, che in un contesto di mercato reso sempre più competitivo anche per l’avanzata degli Etf (i fondi passivi low cost) e dei robot advisory (le gestioni automatizzate e a basso costo), non possono più permettersi di pensare in piccolo. E la mossa di Amundi su Pioneer ha dato il via alle danze del risiko che potrebbe coinvolgere a breve anche il tandem Poste-Anima.
LA RILEVANZA DELL’ITALIA
Su questo fronte l’Italia rappresenta un mercato molto interessante perché le famiglie detengono una ricchezza di oltre 4 mila miliardi e, rispetto ad altri Paesi europei, la presenza nei portafogli delle famiglie italiane di fondi e gestioni è ancora ai minimi termini. In base agli ultimi dati diffusi dall’Abi, infatti, ben il 32% di questa ricchezza è parcheggiata in liquidità, mentre soltanto l’11% è investita in fondi. Il Credit Suisse in un recente report sulle banche italiane ha stimato che il 19% delle disponibilità delle famiglie italiane sia allocato in fondi pensione e in prodotti assicurativi a fronte del 34% della Francia e del 31% della Germania. Di qui le ampie potenzialità di crescita che l’Italia può dare alle società di asset management non solo italiane ma anche internazionali. Le quali infatti non a caso stanno mettendo con decisione nel mirino proprio il mercato con decisione sul mercato tricolore del risparmio.
(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)