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Isis, Istanbul, i cristiani e la guerra che non vogliamo vedere

Lingotto, 5 stelle, molestie

Non prendetele per farneticazioni. In verità, le parole con cui l’Isis ha rivendicato l’attentato di Istanbul sono lineari, coerenti e calibrate con l’ideologia di morte che è propria dello Stato islamico. Sarà destrutturato quanto vi pare, molecolare nell’organizzazione e nell’azione, ma esso ha una ideologia ben precisa e quella che sta mettendo in atto (checché non possa pensare o dire il Papa) è una vera e propria “guerra di religione”. Una guerra degli islamici contro i cristiani, prima di tutto.

Qualcuno, ancora convinto che di farneticazioni si tratta, obietterà che è illogico legare, come ha fatto l’Isis, la celebrazione laica e secolarizzata del Capodanno, soprattutto nelle sue manifestazioni più ludiche come può essere una festa da ballo, al cristianesimo. E invece non lo è affatto. Lungi dall’essere un’espressione di neo paganesimo (come ad esempio ritiene il sociologo Luciano Pellicani), la secolarizzazione, in tutte le sue forme, comprese quelle apparentemente più lontane, è una derivazione diretta della radice principale della nostra cultura cristiana. Il liberalismo stesso, come ci hanno insegnato autori del calibro di Ortega y Gasset, Karl Loewith e Benedetto Croce, per fare solo qualche nome, è una sorta di affinamento e evoluzione della religione di Cristo, senza la quale sarebbe semplicemente impensabile.

È certo vero che, nelle società forgiate dal cristianesimo, cioè nel mondo occidentale, c’è libertà di pensiero e di culto, ma anche questa è in ultima analisi una conquista maturata sul terreno fertile creato dal cristianesimo con la priorità accordata al singolo individuo, alla convinzione e partecipazione spirituale e alla distinzione fra l’ambito religioso e quello politico (“dai a Cesare quel che è di Cesare”). Senza contare che l’etica laica, Kant docet, è tutta basata sulla “sacralità della vita” e sul “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.

Di solito si tira in ballo, per sconfessare questa tesi, l’affermazione di Nietzsche che “Dio è morto”. Si dimentica però di dire che Zarathustra, subito dopo aver pronunciato queste parole, aggiunge che siamo stati noi, cioè noi cristiani, ad ucciderlo. Se Dio è morto, cioè se non forgia più le nostre in modo esteriore e apparente, è per un movimento tutto interno alla nostra cultura e forse già tutto inscritto in quel dogma del’incarnazione di Dio nell’uomo, in ogni uomo indipendentemente da razza o credo, che è stata la cifra della sua rivoluzione. La carne, il sesso, ecco un’altra delle ossessioni dell’Isis. E ad essa legata quella per il ruolo non di sottomissione che la  donna ha nella nostra civiltà e che aveva già in principio nella predicazione di Cristo indipendentemente dalle forme storiche e istituzionali che l’hanno poi realizzata e fuorviata. Lo stesso matrimonio cristiano, ad esempio, non è forse anche un’istituzione creata a tutela del “sesso debole”? Ma gli esempi che si potrebbero fare sono tanti, tutti per dire che nel parlare, forse per la prima volta in modo esplicito, di “Christians”, l’Isis sapeva quel che diceva.

Ma allora perché colpire un Paese musulmano, uccidendo fra l’altro più musulmani che cristiani? A parte il fatto che, come ci dicono gli esperti, quella dell’Isis è anche una lotta interna all’islamismo, non solo contro la sua corretta interpretazione ma anche contro i paesi musulmani “apostati” amici e alleati dell’Occidente (come la Turchia è da sempre); a parte ciò, quello che si vuole colpire è prima di tutto l’occidentalizzazione nei valori e soprattutto nei costumi. Cosa più di un nightclub, una discoteca, può rappresentare quella “perdizione” sui sentieri del peccato che ossessiona queste menti? Così come, quale festa più del Capodanno, con la sua apertura al nuovo, rappresenta quella gioia e quell’amore per la vita, anche nella sua carnale concretezza, che è l’espressione più tipica della nostra civiltà?

Sarà pur banale continuare a dirlo, è pur difficile farlo incalzati come siamo sempre più dalla paura, ma continuare a vivere e divertirci come noi sappiamo fare, non dargliela vinta nemmeno un po’, è, insieme alla prevenzione e alla repressione, la più efficace risposta alla nuova barbarie.

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