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L’Italia, Bruxelles e conti pubblici

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Entro domani dobbiamo rendicontare all’Ue come ci impegniamo – senza tergiversare – a un aggiustamento contabile di 3,4 miliardi di euro, pari a due decimali di deficit. L’Ue non si smuove e noi senza una crescita del pil, e quindi del denominatore, il problema lo dobbiamo risolvere e una volta per tutte. I conti pubblici di questo 2017 si trascinano inesorabilmente, oltre che da un eccesso di spesa pubblica improduttiva, da scelte di politica economica deboli, sbagliate e assenti.

La legge di bilancio 2017, approvata con la fiducia a conclusione di mille giorni di incertezze economiche, con un’accanita narrazione renziana, che ancora oggi purtroppo resiste e lo abbiamo visto durante l’assemblea romagnola, non risolve i problemi. Nessun investimento concreto, misure parcellizzate e nessuna di quelle svolte di cui il nostro paese ha un disperato bisogno come un taglio drastico alla Pa.

Un esempio per tutti: abbiamo utilizzato ben 15 miliardi per incentivare le assunzioni, che non essendo strutturali, sono serviti più a legittimare la pur discreta politica del Jobs Act che a sviluppare l’occupazione inchiodata in fondo alle graduatorie Ue. E mentre i vigili del fuoco, che hanno dimostrato di essere dei gran seri professionisti, attendono gli 80 euro in busta paga, promessi ma non ancora dati, il loro contratto fermo da ben 6 anni dimostra quanto la sicurezza di questo nostro paese possa non occuparsi di chi rischia la vita con il proprio lavoro per combattere disastri.

Non siamo in grado di assicurare un governo stabile e la crisi colpisce noi più di tutti gli altri e mentre il vento della ripresa soffia sul pianeta, con +3,4% previsto per quest’anno e +3,6% per il prossimo, l’Italia continua ad ansimare, crescendo la metà dell’eurozona. Il Fondo Monetario ci ha inchiodati: noi siamo l’unico paese membro del G7 a subire una correzione negativa delle stime del pil, con un taglio sulle previsioni di ottobre di due decimali per quest’anno e di tre per il prossimo. Dovremmo raggiungere un misero +0,7% nel 2017 e un altrettanto sconfortante +0,8% nel 2018. Spagna, Francia, Germania rispettivamente in crescendo ci fanno mangiare la polvere della loro ripresa e non ha colpa Draghi se denuncia pesantissime divergenze in area eurozona. L’inflazione ci penalizza sempre di più e sempre di più si allarga la forbice della disoccupazione che in Germania cala mentre noi risaliamo addirittura sfiorando il 12%.

L’ultima manovra di bilancio per noi è stata deleteria e alcune misure di provvedimenti settoriali probabilmente devono essere corrette per trovare i 3,4 miliardi che ci chiede Bruxelles. Per esempio tagliare le risorse per la Coppa del mondo di sci, i fondi per le rievocazioni storiche, associazioni combattentistiche, società sportive dilettantistiche, italiani nel mondo, togliere l’introduzione del superammortamento del 250% per gli investimenti in industria. Abbiamo perso un quarto del sistema produttivo, subiamo crediti difficili, 340 miliardi pari a un quinto del totale dei prestiti bancari e dunque siamo in netta recessione, altroché in ripresa! Basta con i bonus sui redditi che comunque non rilanciano i consumi, il problema è dell’offerta, con mancata innovazione, assenza di investimenti (allontanati dalla corruzione e malagiustizia, povertà di management, di cultura imprenditoriale e di politica industriale). Noi non possiamo incolpare gli altri, e continuare a trovare degli alibi per assolverci vergognosamente.



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