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L’Italicum, la Consulta e l’ipotesi imprevista (impossibile?)

Nessuno ne parla. Neppure gli addetti ai lavori sembrano farci molto caso. Nemmeno i costituzionalisti più avveduti paiono considerare l’eventualità. Eppure, se il 24 gennaio prossimo, la Corte costituzionale dovesse “promuovere”, seppur anche con alcune modifica, l’Italicum, la politica italiana rischierebbe di finire nuovamente al tappeto. Tramortita dall’ennesimo “montante” dopo quello popolare del 4 dicembre che – Gentiloni docet – non ha ancora generato né vinti, né vincitori: né quelli del sì che nonostante tutto continuano a governare, né quelli del no che, defenestrato Renzi, non hanno ottenuto il premio agognato: le elezioni.

Tolto, forse, l’eccessivo premio di maggioranza al partito capace di ottenere oltre il 40% dei consensi al primo turno, la restante parte dell’Italicum potrebbe sopravvivere alle forche caudine della Consulta: dal sistema di calcolo proporzionale su base nazionale, alle preferenze, alle soglie di sbarramento differenziate e persino ai capolista bloccati interpretabili – in extrema ratio – come mini liste bloccate mai – di fatto – cassate dalla suprema Corte.

Ciononostante, l’ipotesi di una promozione dell’Italicum appare scartata in partenza. Impossibile, incredibile. Tanto che è partita da tempo la corsa (per alcuni al galoppo, per altri al trotto, per altri ancora al passo e per i più restii alle elezioni, in surplace) alla nuova legge elettorale.

Ma il verificarsi dell’”impossibile” potrebbe scombinare nuovamente piani e, possibili future, alleanze. Un “colpo basso” (in linea di massima pienamente ingiustificabile) innanzitutto per Renzi e il PD costretto a riappropriarsi della “sua creatura” dopo le fiducie imposte per l’approvazione dell’Italicum e l’abiura pre-elettorale senza il coraggio di cambiarlo seduta stante.

Anche Forza Italia e il Cav potrebbero riportare serie conseguenze dalla validazione dell’Italicum. Innanzitutto perché si accelererebbero molto i tempi sulla strada del voto (come si sa Berlusconi è favorevole ad una conclusione naturale della legislatura) ma soprattutto perché il Cav sarebbe costretto – obtorto collo – ad un listone unico con la Lega e Fratelli d’Italia. Prospettiva assai indigesta per l’ex premier che potrebbe divenire il vero boomerang dell’appoggio al No nel referendum costituzionale del 4 dicembre.

Ma anche le altre forze del panorama politico non sarebbero meno spiazzate da un pronunciamento favorevole della Consulta a favore dell’Italicum. Il Centro sarebbe destinato ad aggregarsi “turandosi il naso” per tentare di tornare in Parlamento oppure – ipotesi assai più probabile almeno secondo alcune sensibilità manifestatesi durante la campagna referendaria – a un’alleanza indissolubile con il Pd che potrebbe creare le condizioni (assai convenienti – a quel punto – anche per Renzi) per un listone unico di centro-sinistra.

La minoranza Pd e la sinistra-sinistra sarebbero costrette a far “blocco” pena, da un lato, l’irrilevanza politica della prima (le liste, si ricordi bene, le farà Renzi che non ha dimenticato lo sgambetto referendario) e, dall’altro, il rischio di non tornare in Parlamento.

Persino i 5 Stelle, sulla carta molto favoriti dal “sistema italicum”, rischierebbero di trovarsi spiazzati dalla sua conferma tanto da essere costretti a bruciare i tempi: divenire “grandi” con un programma elettorale credibile anche per l’Europa (gli ultimi avvenimenti accreditano questa lettura) e, soprattutto, una classe dirigente all’altezza.

Insomma, il futuro della politica italiana passa ancora una volta – come spesso è accaduto negli ultimi lustri – dalle mani della Corte costituzionale che saprà giudicare secondo Costituzione. Attenzione!


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