“Putin vuole fare a pezzi la Nato”. Lo ha detto, sorprendendo un po’ tutti, James Mattis, l’uomo che Donald Trump ha scelto per guidare il Pentagono. Il generale quattro stelle in pensione del corpo dei Marine è intervenuto di fronte alla commissione delle Forze armate del Senato per la sua conferma a prossimo segretario alla Difesa degli Stati Uniti d’America.
L’AUTORIZZAZIONE
Secondo il National security act del 1947 devono infatti essere trascorsi sette anni tra il servizio attivo e la carica di segretario alla Difesa. Mattis si è ritirato nel 2013, ed ha per questo bisogno dell’autorizzazione da parte del Congresso. Con l’approvazione da parte del Senato, manca solo quella della Camera dei rappresentanti, ormai considerata scontata. “Riconosco che il mio potenziale ruolo civile differisce in essenza e sostanza dal mio precedente incarico in uniforma”, ha detto il generale in pensione. “Il controllo civile delle Forze armate è un elemento fondamentale della tradizione militare americana”, ha aggiunto Mattis rassicurando i membri della commissione del Senato.
LA RUSSIA E LA NATO
Nel corso della sua audizione, il candidato alla guida del Pentagono ha effettivamente stupito per le dichiarazioni su Russia e Iran. La distanza del generale rispetto ad alcune posizioni del magnate, in particolare per quanto riguarda l’arretramento dal Medio Oriente e la riduzione dell’impegno in seno all’Alleanza Atlantica, era risaputa da prima dell’audizione. Proprio per questo Mattis, generale e intellettuale esperto, avvezzo alle logiche cooperative della Nato, era stato considerato una scelta rassicurante per gli Alleati, soprattutto rispetto ai falchi Mike Pompeo e Michael Flynn, rispettivamente prossimi direttore della Cia e consigliere sulla sicurezza nazionale.
Eppure nessuno si aspettava che mad dog (così è soprannominato Mattis dalla guerra in Iraq, durante la quale guidò la presa di Falluja contro l’insorgenza irachena), si esprimesse in termini così diversi da quelli utilizzati dal presidente eletto. La Russia è “la principale minaccia alla sicurezza nazionale”, ha detto Mattis. “Ha scelto di essere un avversario strategico in aree fondamentali”, ha aggiunto. Per questo, la Nato deve tornare ad essere, secondo il prossimo segretario alla Difesa (ormai l’autorizzazione sembra appunto scontata), “l’alleanza militare di maggior successo nella storia moderna, forse di sempre”. Mattis ha guidato per due anni il Comando alleato per la trasformazione (Sact), dimostrandosi un forte sostenitore della proiezione internazionale statunitense a sostegno degli Alleati, non solo per interessi economici e puntuali che sembrano invece guidare la logica trumpista.
LA TRANSIZIONE CON CARTER
Proprio tali prospettive, stanno così garantendo una morbida transizione con il segretario alla Difesa uscente Ash Carter. Quest’ultimo aveva da subito accolto l’annuncio della scelta di James Mattis con favore, affermando: “Conosco il generale da molti anni e lo tengo nella più alta considerazione. Continuerò a fare tutto il possibile per contribuire a garantire una transizione senza soluzione di continuità”.
L’ACCORDO IRANIANO
Durante l’audizione, hanno stupito forse di più le parole che Mattis ha riservato all’Iran deal, l’accordo nucleare iraniano contro cui Trump ha costruito gran parte della campagna presidenziale in politica estera. Il nuovo presidente continua a ribadire l’intenzione di smantellare l’accordo, cosa difficile, data la natura internazionale del trattato, ma comunque chiara nel programma del tycoon. Eppure, Mattis, pur riconoscendo che l’Iran deal resta “un accordo imperfetto”, ha affermato: “Quando l’America dà la sua parola dobbiamo rispettarla e lavorare con i nostri alleati”. Tali affermazioni hanno stupito ancora di più anche perché, nel 2013, Mattis aveva lasciato il comando dell’Us Central command (Centcom), con responsabilità militare per la protezione degli interessi americani in circa venti Paesi dal Corno d’Africa all’Asia centrale, per le note divergenze con la presidenza Obama proprio sull’accordo iraniano. L’impressione è ora che Mattis sia tutt’altro che un elemento di discontinuità rispetto alla presidenza uscente ma che anzi possa indirizzare la politica Usa verso un potenziamento della postura internazionale.
(Foto: Wikicommons, James Mattis a fianco a un Marine ferito in Iraq)