Stop alle speculazioni. Intesa Sanpaolo è uscita allo scoperto e vuole mangiarsi il Leone di Triste (azionista dal 3% della banca). Come farà? La via più semplice, secondo i broker, è l’offerta pubblica di scambio (Pps) almeno fino al 60% del capitale della compagnia assicurativa, anche se arrivare al 100% significa evitare problemi e rivali dell’ultima ora.
Una mossa carta-contro-carta sulla falsariga dell’ultima operazione simile avvenuta a Piazza Affari, ossia quella della Cairo Communication (assistita da Banca Imi, quindi Intesa) su Rcs Mediagroup , che avrebbe il vantaggio di non avere un impatto economico sui conti di Intesa Sanpaolo. Mentre l’Opa in contanti modificherebbe in misura significativa i ratios patrimoniali dell’istituto.
Un simile deal rivoluzionerebbe l’assetto azionario del mercato finanziario italiano. A farne le spese sarebbe soprattutto Mediobanca, storicamente il socio che con il 13% (la quota deve scendere al 10%) determina le sorti delle Generali . Ma di conseguenza cambierebbe l’orizzonte d’investimento anche di Unicredit, socio forte di Piazzetta Cuccia ma impegnato nella ricerca dei 13 miliardi della ricapitalizzazione, e degli azionisti stranieri, capitanati da Vincent Bolloré (probabilmente favorevole all’opzione Axa), della merchant bank guidata da Alberto Nagel.
Come si può configurare l’ops di Intesa , che allo scopo dovrebbe lanciare un aumento di capitale dedicato da 13-14 miliardi? Gli analisti cominciano a stimare una possibile offerta che valorizzi il titolo Generali almeno 17,5-18 euro rispetto agli attuali 15,42 euro (venerdì 20, alla vigilia delle prime indiscrezioni, le azioni viaggiavano a 13,71 euro), incorporando un premio del 14-17%.
E se ancora non è possibile definire una forchetta relativa all’eventuale concambio, si possono fare valutazioni partendo dalle capitalizzazioni: Generali vale 24 miliardi, mentre Intesa Sanpaolo , dopo la flessione di ieri, -4,4%,vanta una market cap di 36,35 miliardi. In pratica, Ca’ de Sass vale una volta e mezzo il Leone. Probabilmente Mediobanca non aderirà all’offerta (come ha fatto con Rcs), preferendo restare nel capitale della compagnia. Sempre che non stia lavorando a contromosse, un possibile partner è Axa . Mentre soci quali Francesco Gaetano Caltagirone, Leonardo Del Vecchio, le famiglie Boroli-Drago e i Benetton, seppure storicamente legati a Piazzetta Cuccia, potrebbero accettare le avance di Intesa . In base alle prime stime, e ipotizzando una ops al 60%, Caltagirone si ritroverebbe con una quota dell’1-1,2% della nuova super-Intesa.
Ma contestestualmente Caltagirone, che è socio anche di Unicredit (con circa l’1%), continuerà a tenere in portafoglio il 40% della sua attuale quota nel Leone, ovvero l’1,4%. Del Vecchio dovrebbe posizionarsi in una forchetta dello 0,6-0,8% ma potrà sommare l’1,26% del Leone (oltre all’1,7% di Unicredit). Entrambi quindi giocherebbero su due sponde bancarie, sempre che aderiscano all’aumento della banca di piazza Gae Aulenti. Minore peso avrà il gruppo De Agostini, che potrebbe avere lo 0,3-0,45% di Intesa . Ancora più defilata la posizione dei Benetton. Mentre è probabile che la Fondazione Crt e Inv. A.G (in totale il 2,57%) non aderiscano. E Unicredit ? Ipoteticamente, con l’8% di Mediobanca, avrebbe una minima voce in capitolo. Ma non è detto che la banca guidata dal francese Jean Pierre Mustier resti della partita. Anche per evidenti conflitti.
(Articolo pubblicato su MF/Milano finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)