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Mire, capriole e incognite della nuova politica estera di Erdogan. Parla Di Liddo (Cesi)

erdogan

“La Turchia più che allontanarsi dall’appartenenza Nato, che ormai è solo una cornice, sta lavorando ormai da qualche anno per una politica estera che assume sfumature sempre più neo-ottomane e sempre meno western friendly”. Parla Marco Di Liddo, analista del Centro Studi Internazionali (Cesi), diretto da Andrea Margelletti, che commenta la strage al Reina night club di Istanbul rivendicata oggi da Isis e approfondisce la nuova strategia in politica estera della Turchia di Erdogan.

PERCHE’ ISIS COLPISCE LA TURCHIA

Unendo i puntini che hanno costellato in passato tutti gli attacchi che la Turchia ha subito da parte di Isis, sottolinea Di Liddo, si vede “che sono coincisi con momenti in cui Erdogan si è trovato a dover assumere posizioni fortemente anti-jihadiste, quindi a dare un contributo più forte alla coalizione occidentale, o a bloccare per un certo periodo il confine. Ogni volta che la Turchia ha dovuto, per scelta o per necessità, assumere queste posizioni, è stata colpita dall’Isis. E questo è un caso del genere”. Non è certo con Erdogan che comincia l’attività terroristica in Turchia, Paese che ha subito attacchi anche da parte di Al Qaeda negli anni precedenti, ”ma la ragione, in quel caso, si inseriva nel contesto di una strategia globale del terrore: la Turchia veniva attaccata in quanto paese Nato, che si collocava dunque nella sfera dei paesi musulmani ma laici, ed era un nemico, in quanto adottava una politica anti terrorismo molto marcata”.

I RAPPORTI FRA ERDOGAN E ISIS

Non ci sono prove sul fatto che la Turchia sia stato un Paese fiancheggiatore dell’Isis al 100 per cento (come lo sono in parte e per alcuni aspetti le monarchie del Golfo) tuttavia tre sono le ipotesi fondamentali sui rapporti con lo Stato islamico: “Che le autorità turche gestissero i confini, o il passaggio dei miliziani che andavano a combattere con Isis in Siria; che la Turchia, attraverso alcune imprese e addirittura con la collusione di alcuni alti ufficiali, commerciasse irregolarmente il petrolio con lo Stato islamico e ultimo punto di grande ambiguità, è che Erdogan chiudesse un occhio sul passaggio di questi miliziani, o addirittura aiutasse, con rifornimenti logistici e di materiale, alcune unità assimilabili allo Stato islamico, in funzione anti curda”.

IL FATTORE CURDO

Realizzata l’improbabilità della caduta di Assad, infatti, è innanzitutto attraverso la difesa da una possibile crescita del peso dei curdi nella nuova Siria che il presidente turco prova a difendere il proprio ruolo: “Più il peso politico e l’organizzazione territoriale dei curdi in Siria si struttura e cresce, maggiore è il rischio che il fronte curdo interno alla Turchia si rinvigorisca, galvanizzato dal successo dei fratelli siriani, e che punti internamente a obiettivi come l’autonomia o addirittura l’indipendenza”.

LA TURCHIA FRA NATO E RUSSIA

Il fatto che un paese Nato come la Turchia stringa accordi con la Russia sulla Siria si spiega, secondo Di Liddo, con il forte pragmatismo che ne caratterizza la politica estera, per risolvere problemi contingenti anche con modalità insolite o di rottura rispetto al passato. “La Turchia vuole imporsi come potenza regionale autonoma e punta a spostare l’asticella della politica verso Oriente. Per fare ciò, deve esplorare nuovi metodi e tra questi rientra una politica estera molto indipendente, profondamente diversa da quella del periodo kemalista. Per quanto riguarda l’Alleanza atlantica, sono altre le cose che destano preoccupazione, per esempio il fatto che abbia abbattuto l’aereo russo, ormai un anno e mezzo fa”. Quella, insomma, era una vera scelta anti Nato, “perché negava le procedure e le consuetudini che cui i paesi dell’alleanza dovrebbero applicare di fronte allo sconfinamento di un aereo russo nel proprio territorio, oppure il fatto di voler acquistare sistemi difensivi cinesi. La Turchia, in generale”, prosegue l’analista del Cesi, “più che allontanarsi dall’appartenenza Nato, che ormai è solo una cornice, sta lavorando ormai da qualche anno per una politica estera che assume sfumature sempre più neo-ottomane e sempre meno western friendly”.


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