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Mps, Banca Etruria, Banca Marche. Ecco differenze e similitudini dell’intervento di Stato e banche

Di Carmelo Barbagallo

Pubblichiamo un estratto dell’audizione in Parlamento di Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, sul decreto legge 23 dicembre 2016 n. 237 Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio.

Il capo II del DL è dedicato agli interventi di ricapitalizzazione pubblica, ossia alla possibilità per lo Stato di sottoscrivere aumenti di capitale di banche. Per comprendere il meccanismo previsto dal DL occorre chiarire due elementi essenziali del vigente quadro regolamentare, contenuti nella Direttiva sul risanamento e risoluzione delle banche (BRRD) e negli orientamenti della Commissione europea sugli aiuti di Stato.

La BRRD assume, in generale, che in presenza di un intervento di sostegno pubblico una banca sia in crisi e debba quindi essere messa in risoluzione o (se non ricorrono le condizioni per la risoluzione) liquidata. Un intervento pubblico “precauzionale” di rafforzamento patrimoniale (senza dar luogo all’attivazione delle procedure di crisi) è tuttavia ammesso in presenza di un’esigenza emersa nello scenario avverso di una prova di stress condotta a livello nazionale, europeo o del meccanismo di vigilanza unico, per rimediare a una grave perturbazione dell’economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria. La ratio di questo meccanismo è che un intermediario, anche se solvibile, può essere percepito come eccessivamente rischioso da parte del mercato in condizioni avverse di
stress, circostanza che potrebbe di per sé portare a un deterioramento della sua situazione e quindi all’insolvenza. La ricapitalizzazione precauzionale può pertanto risolvere casi in cui le asimmetrie informative ostacolano il buon funzionamento dei meccanismi di mercato, generando rischi per i singoli intermediari e per la stabilità finanziaria.

La ricapitalizzazione precauzionale può essere attuata se sono rispettate alcune ulteriori condizioni:
i) deve indirizzarsi solo a banche non da sottoporre a risoluzione o liquidazione;
ii) deve avere natura temporanea;
iii) non può essere utilizzata per ripianare perdite, attuali o attese;
iv) prima di richiedere l’intervento pubblico l’intermediario deve aver tentato senza successo di raccogliere le risorse necessarie sul mercato;
v) l’intervento deve essere approvato dalla Commissione europea, che – oltre a quanto dirò tra poco – richiede alla banca di predisporre un dettagliato e credibile piano di ristrutturazione volto a ripristinare condizioni di piena
solidità e redditività.

Oltre a essere conforme con la BRRD, la ricapitalizzazione precauzionale deve essere valutata compatibile con la disciplina sugli aiuti di Stato da parte della Commissione europea. La Commissione richiede, tra l’altro, che l’intervento sia accompagnato dal burden sharing: un sacrificio per gli azionisti della banca (che in questo caso consiste nella diluizione della loro partecipazione conseguente all’ingresso dello Stato e alla conversione in azioni dei titoli subordinati) e per i detentori di strumenti finanziari ibridi e subordinati (che dovranno accettare la conversione in azioni di questi strumenti – in tutto o in parte, a seconda delle necessità)(In ogni caso, il sacrificio di azionisti e creditori deve avvenire nel rispetto del cosiddetto principio del no creditor worse off: i soci e gli obbligazionisti soggetti a conversione non dovranno ricevere un trattamento peggiore rispetto a quello che avrebbero subito se la banca fosse stata soggetta alla procedura di liquidazione ordinaria). È invece escluso il bail-in, ossia il coinvolgimento dei creditori non subordinati della banca.

Questa premessa consente di comprendere due caratteristiche chiave del DL. In primo luogo, possono accedere al sostegno pubblico solo le banche che non siano in dissesto, ma che presentino un’esigenza di rafforzamento patrimoniale derivante da uno scenario avverso di prove di stress. In secondo luogo, il meccanismo di condivisione degli oneri coinvolge solo gli azionisti e i detentori di passività ibride e subordinate della banca, escludendo gli altri creditori.

Queste caratteristiche distinguono nettamente gli interventi che lo Stato potrà operare in forza del DL dai provvedimenti nei confronti delle quattro banche sottoposte a procedura di risoluzione nel novembre del 2015. All’epoca queste ultime si trovavano già in una situazione di dissesto e non potevano non essere sottoposte alla procedura prevista dalla BRRD. Il sacrificio imposto ad azionisti e creditori subordinati in quella circostanza fu inevitabilmente maggiore. Anche in quel caso fu tuttavia possibile evitare il coinvolgimento degli altri creditori perché la procedura di risoluzione venne attivata immediatamente dopo l’entrata in vigore della normativa italiana di recepimento, ma prima dell’inizio del 2016, data in cui entrò in vigore il bail-in.

La partecipazione agli oneri da parte dei privati è condizione necessaria per l’intervento pubblico; essa mira – tra l’altro – a mitigare l’onere per lo Stato. La prima e più importante forma di tutela per la collettività è tuttavia costituita, nella ricapitalizzazione precauzionale, dal fatto che la banca beneficiaria non versi in situazione di dissesto. Superata la fase contingente di difficoltà, la banca potrà quindi vedere accresciuto il suo valore, a beneficio dei suoi creditori e dei suoi azionisti, pubblici e privati. Nell’esperienza di altri paesi
lo Stato ha conseguito in più casi guadagni dai propri interventi.

Un terzo profilo qualificante del DL è lo strumento di ristoro riservato agli investitori al dettaglio che ricevano nuove azioni a seguito del burden sharing. Il MEF potrà rilevare tali azioni; gli investitori riceveranno in cambio dalla banca obbligazioni ordinarie (emesse alla pari dalla banca stessa o da una società del suo gruppo) per un valore pari all’importo corrisposto dal MEF per l’acquisto delle azioni. La possibilità di far ricorso a questa
procedura è sottoposta a precisi limiti: il ristoro è indirizzato esclusivamente agli investitori al dettaglio, non “qualificati” né “professionali”; il MEF interverrebbe a sostegno di una transazione tra la banca e questi investitori per prevenire o porre fine a una controversia avente a oggetto la commercializzazione degli strumenti oggetto di conversione.

La scelta di prevedere una protezione per i piccoli investitori risponde a criteri di equità e mira a preservare la stabilità finanziaria. Essa infatti previene il rischio che l’intermediario si trovi a fronteggiare azioni legali da parte dei piccoli investitori, che potrebbero compromettere il suo risanamento; contribuisce, più in generale, a preservare la fiducia del pubblico e l’ordinato funzionamento del sistema finanziario. Un meccanismo di protezione appare opportuno soprattutto in questa fase di transizione tra il vecchio e il nuovo regime di gestione delle crisi, in cui i nuovi strumenti sono ancora imperfetti e i vecchi non si possono più utilizzare. A regime, la presenza di un requisito minimo di passività eleggibili (cosiddetto MREL), sottoscritto da creditori consapevoli, potrà rendere il rapporto banche investitori meno bisognoso di rimedi straordinari.

L’INTERVENTO SUL MONTE DEI PASCHI DI SIENA

In seguito all’insuccesso del piano di rafforzamento patrimoniale basato su capitali privati, precondizione per poter accedere alle misure di sostegno pubblico, lo scorso 30 dicembre MPS ha presentato richiesta di ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato. In quella sede sono state trasmesse le prime sintetiche linee guida di un piano di ristrutturazione, basate sul piano industriale preparato ai fini dell’aumento di capitale non andato a buon fine. Il piano dovrà proseguire e rafforzare l’azione di risanamento condotta negli ultimi anni dalla banca, riducendo ulteriormente i costi e razionalizzando la struttura operativa.

La banca prevede di ultimare il nuovo piano di ristrutturazione in tempi brevi. L’intervento dello Stato potrà essere finalizzato solo dopo l’approvazione di tale piano da parte della Commissione Europea, in esito a una procedura che vede coinvolte la BCE, la Commissione europea e la Banca d’Italia, chiamata a fornire un supporto tecnico al MEF. Quale autorità competente per la vigilanza di MPS, la BCE ha già definito l’entità della ricapitalizzazione precauzionale del gruppo, fissandola in 8,8 miliardi. Tale cifra è superiore a quella che la banca si prefiggeva di raccogliere sul mercato (5 miliardi) a causa del meccanismo di ricapitalizzazione precauzionale previsto dalla BRRD e recepito nel DL.

Dettagli sulle due diverse quantificazioni del fabbisogno patrimoniale di MPS sono stati pubblicati sul sito web della Banca d’Italia:

Il piano dovrà essere approvato dalla Commissione europea. Alla Banca d’Italia fanno carico una serie di compiti necessari per accertare che venga assicurata la parità di trattamento tra i creditori della banca aventi uguali caratteristiche e che sia rispettato il principio del no creditor worse off. In questa veste, l’Istituto ha ricevuto l’asseverazione da parte di esperti indipendenti da esso nominati: del valore economico attribuibile agli strumenti oggetto di conversione, necessario per stabilire il numero delle nuove azioni da attribuire ai portatori degli stessi; dell’effettivo valore delle attività e passività di MPS senza considerare alcuna forma di supporto
pubblico e ipotizzando che lo stesso sia sottoposto a liquidazione alla data di presentazione della richiesta, nonché di quanto in tale caso verrebbe corrisposto pro quota ai titolari degli strumenti potenzialmente convertibili in azioni. Nella relazione presentata gli esperti indipendenti valutano che il principio del no creditor worse off sia rispettato.

Saranno oggetto di conversione in azioni tutti i titoli subordinati in essere al momento della richiesta di ricapitalizzazione precauzionale, il cui valore nominale complessivo ammonta a 4,3 miliardi. Si tratta di quattro emissioni di strumenti di tipo additional Tier 1 (per complessivi 431 milioni) e di sette emissioni di strumenti di tipo Tier 2 (per complessivi 3,9 miliardi). Le emissioni sono state effettuate tra il 2000 e il 2010.
Il DL prevede che sia determinato il valore economico delle passività interessate alla conversione, che serve da base di calcolo. Il valore è fornito dalla banca in sede di richiesta dell’intervento pubblico e deve essere asseverato da esperti indipendenti.

Nel caso di MPS gli strumenti di tipo additional Tier 1 saranno convertiti al 75 per cento del valore nominale
(a esclusione dell’emissione FRESH 2003, che sarà invece convertita al 18 per cento del nominale); gli strumenti di tipo Tier 2 saranno convertiti alla pari. Questi valori sono stati fissati direttamente nel DL. Dati questi valori, le formule previste nell’allegato al DL consentono di definire il prezzo unitario e il numero delle nuove azioni da offrire in concambio. Il prezzo unitario è lo stesso anche per le azioni sottoscritte dal MEF.

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