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Mps, come finirà Creditopoli

Bail-in, Antonio Patuelli, sofferenze bancarie

Sta per partire una nuova bufera mediatica, giudiziaria e politica: Creditopoli. Pronti a sbattere in prima pagina i nomi di coloro che non hanno restituito i prestiti ricevuti dalle banche salvate dallo Stato, Mps in primo luogo.

Anche Tangentopoli cominciò così, nel 1992, con la sottovalutazione dell’odio accumulato contro il sistema di potere dalla Democrazia cristiana e del Psi in decenni di governo e di sottogoverno, tra prebende e tangenti.

I nomi, oggi, si fanno già a mezza bocca. Inopinatamente, si mettono insieme chi è fallito per via della crisi economica, e per questo non è riuscito a restituire i prestiti bancari rimettendoci la sua stessa impresa, e chi invece si sarebbe fatto finanziare indebitamente. Ne esce fuori un pasticcio indescrivibile, alimentato dalla insofferenza verso la vera Casta: quella dei banchieri che per anni hanno distribuito il credito e quella degli imprenditori che l’hanno arraffato, magari solo per le buone relazioni con il mondo che conta.

Si prepara la vendetta della politica, quella estromessa da anni dal sistema della finanza, ad eccezione del Pd, l’erede dei Ds, del Pds e del glorioso Pci che aveva cavalcato la demolizione dei partiti di governo della prima Repubblica. Tutti lo ricordano ancora Enrico Berlinguer, che proclamava a gran voce dal palco la diversità del suo partito, l’unico che aveva mantenuto le “mani pulite”. Tutti gli altri erano coinvolti nel malaffare delle tangenti. E quelle parole mossero le procure, fecero aprire migliaia di indagini, rinserrare in cella di sicurezza chiunque avesse avuto un briciolo di potere. Solo il Pci rimase indenne in quella carneficina istituzionale. Solo il Pci, ed i suoi eredi, ebbero il privilegio di continuare ad amministrare il Monte dei Paschi di Siena, attraverso la Fondazione.

È arrivata finalmente la Nemesi, la dea greca che porta giustizia, perseguitando i malvagi. Ma c’è di più, il livore diffuso verso la vera Casta, quella degli affari finanziati con i prestiti bancari. La classe dei prenditori che rischiano il denaro degli altri.Tutto rotola, come una valanga.

A lanciare il sasso è stato il Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli con una intervista rilasciata al Mattino di Napoli. Parlando a titolo personale, ha affermato che sarebbe il caso di approvare una norma che deroghi alla attuale normativa sulla privacy, per rendere noti al pubblico i nomi dei primi cento debitori delle banche salvate con pubblico denaro che non hanno restituito quanto prestato loro. Patuelli parla come parte lesa: non sono le banche ad aver amministrato male i denari dei depositanti e ad aver tradito la fiducia degli azionisti, ma le prime vittime di questi bidonisti.

La canizza è montata subito. Anche Vittorio Feltri su Libero Quotidiano ha chiesto di fare i nomi dei “bidonisti di Mps”: la questione si fa complicata, perché muove una serie di considerazioni che riguardano la conduzione della Banca. Secondo Feltri, “hanno voluto farci credere – e in parte ci sono riusciti – che si è trattato di una calamità naturale, quindi inevitabile, mentre chi ha gestito l’istituto ha prestato, anzi regalato, soldi a tutti, cani e porci, tranne a chi ne aveva effettivo bisogno per mandare avanti attività produttive, commerciali, artigianali e industriali, e che sarebbe stato in grado di restituirli”. Feltri la butta in politica: “La banca dei maneggioni comunisti, ex e post comunisti, ha favorito soltanto i compagni e gli amici dei compagni ed è saltata in aria perché i fortunelli che hanno incassato senza fornire garanzie si sono guardati da ripianare le somme a debito, considerandole non prestiti, ma gentili omaggi. Ora ci si domanda: cosa ha fatto il Monte per recuperare i crediti? Nulla. Non ha mosso un dito”. Conclude Feltri: “Quante cause ha intentato nei confronti dei bucaioli onde riprendersi ciò che gli era dovuto, interessi compresi?”

Nessuno sa se si faranno le elezioni in primavera. Ma, di certo, aprire il dossier Mps per mettere alla gogna un intero sistema di potere che gira da anni attorno al Pd, è una occasione ghiotta. Chi ricorda lo scandalo del Monte dei Paschi, scoppiato proprio alla vigilia delle elezioni del 2013, sa che per il Pd fu un infortunio pesantissimo: solo a Siena, al Senato perse l’11% dei consensi. E poi c’è di mezzo la gestione del governo Renzi, che ha fatto di tutto per tenersi lontano mille miglia dalla banca senese: a tutto doveva provvedere il mercato, sia alla ricapitalizzazione sia allo smaltimento degli NPL, i crediti andati a male per circa 27 miliardi di euro. Questa cifra dice tutto, perché dietro c’è di tutto.

Naturalmente, nessuno si tira indietro: ormai l’argine è rotto, e chi si arrischia a mettersi contro la marea montante fa la figura di chi vuole coprire le peggiori malefatte. Sarebbe, quanto meno, un complice del sistema di malaffare. Adesso, anche il Parlamento vuole la sua Commissione d’inchiesta. Non vede l’ora di mettere le mani sulle liste delle sofferenze e dei bidonisti, di chiamare i banchieri a discolparsi per come hanno gestito i risparmi degli italiani.

Il Parlamento metterà sotto schiaffo un’intera classe di potenti, i veri padroni del Vapore. Ne vedremo di tutti i colori. Come accadde per Tangentopoli, sarà un nuovo, inutile massacro: si farà di tutta l’erba un fascio. E si darà fuoco, mandando tutto in cenere. Allora fu la fine della Prima repubblica, stavolta brucerà anche quel tanto di buono che era rimasto di banche ed imprese.

(Estratto di un articolo pubblicato su Teleborsa)


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