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Musei Vaticani, la cultura, il turismo e l’orologio

Chi a Roma abita in Prati è assuefatto da tempo all’assembramento di turisti, in tutte le stagioni, in fila lungo le mura vaticane per poter entrare ai musei. Infreddoliti e tremanti come in questi giorni oppure quasi boccheggianti nel caldo umido estivo, orde di persone di tutte le razze e provenienza aspettano stoicamente il loro turno assediate da procacciatori di ingressi facili evita-fila che ronzano loro intorno fastidiosi come mosche.

È un’immagine non bella che caratterizza, ancora una volta, l’incapacità endemica di questa città di saper rispondere ad un turismo che potrebbe rappresentare uno strumento importante di sviluppo ma si riduce ad una conferma di un triste provincialismo che mira solo allo sfruttamento becero del turista oggetto.

Viaggiando all’estero viene spontaneo fare confronti con un’offerta simile negli altri paesi; il risultato è disarmante. I Musei Vaticani sono aperti dalle 9 del mattino alle 16, in tutto 7 ore; ma cosa succede altrove nel nostro paese ed in Europa? Già in Italia il confronto è disarmante: gli Uffizi sono aperti dalle 8:15 alle 18:50, tre ore in più. Il Louvre è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 18 e il venerdì sino alle 22 per favorire l’afflusso anche di chi lavora in settimana. Il Museo del Prado a Madrid apre dalle 9 alle 20, ben 11 ore e 4 più dei Musei Vaticani. Persino gli inglesi, notoriamente più conservatori, riescono a fare meglio: il British Museum è aperto per 7 ore e mezza , dalle 10 alle 17:30, ma il venerdì sino alle 20:30; orario analogo settimanale per la Tate Gallery che, però, il primo venerdì del mese resta aperta sino alle 21.

Il confronto è senza possibilità di equivoci: i Musei Vaticani scontano una visione piuttosto provinciale delle potenzialità di un’offerta culturale che potrebbe (direi dovrebbe) avere un respiro ben diverso tenendo conto della qualità del materiale conservato e del contributo culturale che potrebbe fornire, per non parlare di quello di sussidio economico all’istituzione.
Un paio di settimane fa sono apparsi sulla stampa una serie di articoli elogiativi perché “finalmente” il nuovo Direttore è una donna, messaggio foriero di chissà quali esplosive attività nel prossimo futuro.

A parte l’ennesimo esempio di compiaciuto provincialismi italico in cui ancora una volta è il sesso di chi dirige i musei che conta e non il suo valore operativo, non si può non osservare che, a priori, salvo miracoli (sempre possibili in una realtà come quella vaticana) la persona prescelta era da tempo la vice-direttrice dei musei per cui ragionevolmente co-responsabile della visione ristretta con cui gli stessi hanno operato nel passato e quindi nulla di positivo si può presagire.

Roma avrebbe bisogno, e da molto tempo, di fare un salto in avanti per poter offrire quanto di meglio la città ha per invogliare nuovi flussi turistici; il Vaticano, benché Stato a parte, ne è elemento essenziale e molto potrebbe contribuire a svecchiare l’intera situazione: le premesse però non sembrano delle migliori per cui ritengo valido, e molto, il titolo dell’articolo: cultura si, ma senza affaticarsi.

E magari una bella pennica dopo le 16.



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