Dalla tecnologia alla globalizzazione, dallo sviluppo demografico alla sostenibilità. Sono molte le evoluzioni in atto destinate, nel lungo periodo, a cambiare le nostre abitudini e, in definitiva, il mondo in cui viviamo. Queste tendenze si chiamano megatrend e l’industria finanziaria le utilizza per fare alpha. A grandi linee, funziona così: una volta individuata una tendenza secolare che imprimerà un cambiamento strutturale, si cerca di capire come cavalcarlo dal punto di vista degli investimenti, posizionandosi sui titoli di quelle società che forniscono prodotti e servizi adatti a seguire il trend stesso. E anche, riuscendo a schivare le minacce che al cambiamento sono legate. Questo approccio è stato inventato alla fine degli anni ‘90 da una banca d’affari svizzera, Pictet Asset Management, che oggi ha nella sua gamma di offerta nove fondi tematici (che spaziano dall’Acqua, alle Opportunità ambientali, alle Foreste, al nuovissimo nato nella Robotica) e che pone questi megatrend alla base delle sue strategie di investimento.
Formiche.net ne ha parlato con Manuel Noia, il country head italiano per capirne di più.
Come si individua innanzitutto un megatrend?
Noi ci avvaliamo della consulenza scientifica del Copenhagen Institute for Future Studies: l’istituto danese utilizza un approccio multidisciplinare, perché il futuro stesso è multidisciplinare. Naturalmente la tecnologia ha un peso importante, essendo uno dei maggiori driver del cambiamento, ma va considerata insieme a tutto il contesto: la cosa davvero interessante dell’innovazione tecnologica infatti è capire come questa sia in grado si trasformare il modo in cui interagiamo socialmente e consumiamo, come i governi legiferano e così via.
Come si fa a capire se ci si trova di fronte a un megatrend?
Per spiegarlo, mi avvalgo delle parole del ceo del Copenhagen Institute for Future Studies, Claus Kjeldsen, che abbiamo avuto il privilegio di incontrare durante una sua recente visita in Italia. Durante la quale ci ha raccontano, per esempio, come nel 2012 avevano fatto a scrivere che il petrolio sarebbe sceso sotto i 50 dollari al barile. Semplicemente perché non tirano a indovinare ma basano la loro analisi sull’esplorazione. In sostanza, individuando i driver monitorare per capire se un determinato scenario si verificherà. Nel caso del petrolio i driver erano il rallentamento della crescita in Cina e il progresso della tecnologia shale in Nord America.
Sembra facile raccontata così…
La cosa forse più difficile nello studio dei megatrend è la determinazione delle tempistiche di realizzazione di un certo scenario: non possiamo dire esattamente quando qualcosa accadrà, ma sapendo quali fattori tenere sotto controllo è possibile comunque muoversi per tempo e prendere le precauzioni necessarie. Un altro esempio significativo è quello di Nokia e del suo tracollo. Vent’anni fa a nessuno avrebbe pensato di aver bisogno di uno smartphone. Eppure guardando ai megatrend questa evoluzione era prevedibile: la diffusione di Internet e del mobile ne erano i segnali più evidenti. Segnali che Nokia non ha colto preferendo concentrarsi invece sui cellulari con le cover intercambiabili, perché era questo che i clienti chiedevano in quel momento.
Insomma, non vale più la regola che la domanda guida l’offerta?
I clienti non si fanno mai portatori dell’innovazione: da alcuni studi sulla percezione del futuro è emerso infatti che molti di noi si aspettano che il domani sarà simile all’oggi e che molti altri sperano addirittura in un ritorno a un passato glorioso: questo ci dice che la mente umana non è proiettata al cambiamento.
Va anche detto che normalmente quando riusciamo a stabilire che qualcosa è effettivamente un megatrend, quella cosa sta già accadendo, ma è anche vero che si tratta di un percorso di cambiamento di lungo periodo, di solito almeno 10-15 anni se non di più. Non sono necessariamente cambiamenti lineari, l’evoluzione può rallentare, fermarsi, poi accelerare di nuovo. Ma l’impatto di un megatrend è talmente ampio che è impossibile sfuggirgli. E noi non possiamo controllarlo, possiamo solo cercare di adattarci.
Dunque, quali sono questa megatrend in cui siamo già immersi?
La globalizzazione, l’invecchiamento della popolazione, la digitalizzazione, l’urbanizzazione, solo per fare qualche esempio.
Queste dinamiche sono avvolte dall’incertezza e interconnesse tra loro, motivo per cui in Pictet facciamo diversi test su specifici posizionamenti all’interno dell’intero spettro dei megatrend che abbiamo individuato, preparandoci a vari possibili scenari. Dalla combinazione di diversi megatrend si possono infatti identificare dei posizionamenti sul mercato che rappresentano potenziali di crescita che generalmente non vengono colti dalla maggioranza, e quindi non sono perfettamente prezzati nei valori dei titoli. Non solo: questi cambiamenti influiscono in modi diversi sui clienti, sui competitor, sugli azionisti. È necessario considerarlo prima di decidere come posizionarsi per coglierne appieno le opportunità.
Ce lo spiega con un esempio?
Sì, con la nostra strategia nel Pictet Clean Energy: prima del 2008 tutti volevano essere ‘green’, l’attenzione all’ambiente andava molto di moda. Ma le tecnologie eolica e solare erano solo agli inizi e le risorse per svilupparle erano poche, per cui il progresso di questo settore dipendeva molto dalla crescita economica. Pictet lo ha capito ed è corsa ai ripari prendendo posizionamento, all’interno del fondo, anche sul gas naturale, che era sempre un combustibile fossile, ma meno inquinante rispetto a petrolio e carbone. Questa mossa ha evitato il peggio, perché sappiamo cosa è successo dopo: c’è stata la crisi economica e nessuno ha più avuto voglia di pagare di più per avere energia eolica e solare. Così lo sviluppo tecnologico ha virato sul fracking, la tecnologia alla base dell’estrazione del gas shale. In questo caso Pictet aveva le spalle coperte ed è riuscita a fare molto bene in termini relativi rispetto agli altri fondi legati alle energie pulite, con un universo di investimento simile.
Ma nella nostra analisi dei megatrend ci spingiamo oltre: ognuna di queste grandi tendenze identificate infatti, viene ulteriormente “spacchettata” in sotto-categorie che monitoriamo costantemente per assicurarci di non perdere delle opportunità. Prendiamo ad esempio il megatrend dell’urbanizzazione: dietro questo termine c’è un mondo – dalla gestione dell’acqua alle pompe idriche, dalle infrastrutture agli investimenti in campo alimentare e all’agricoltura. È un duro lavoro, ma ripaga in termini di qualità.