“Ricordo quella volta in cui mi intrufolai a Palazzo Grazioli nascondendomi nel camioncino della biancheria. Doveva essere un incontro segreto”. E’ questo il tipo di aneddoti raccontanti nel corso de “La Fabbrica dei Leader” ideato da Luigi Crespi (nella foto), ex sondaggista e curatore delle campagne elettorali dell’ex premier Silvio Berlusconi, che punta a mettere i leader al servizio di una nuova classe dirigente. L’evento ha avuto luogo in uno centro congressi poco fuori dal centro della Capitale e ha visto susseguirsi sul palco massimi esperti della comunicazione politica e non solo. Tra i relatori, nomi come Carlo Freccero, Luca Telese, Italo Bocchino, Claudio Velardi, Luigi Di Gregorio e Roberto Re. “Qui non fabbrichiamo leader, qui i leader li facciamo lavorare perché in fabbrica si lavora” – ha detto Crespi a Formiche.net – “Grandi comunicatori escono dai soliti contesti dei dibattiti e vengono a lavorare con noi. Il nostro è un percorso “bastardo” che mischia i generi e luoghi, basti pensare che il prossimo evento si terrà al “Cocoricò” e poi a Mosca perché i russi sono molto interessati a sapere come comunicano gli italiani”.
POLITICA ITALIANA AFFETTA DA “MEDIOCRAZIA”
Protagonista della “fuga in camioncino” è stato Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia, e ai tempi dell’aneddoto braccio destro dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini. Il suo è stato l’intervento che ha più scaldato la platea nel pomeriggio di ieri: “L’Italia è uno dei Paesi occidentali più appassionato di politica” – ci dice Italo Bocchino – “Oggi anche, anzi soprattutto, i social network raccontano la politica, i vecchi pastoni politici non servono più, l’informazione generalista passa attraverso i social. Poi certo c’è l’approfondimento ma in una seconda fase”. Questo è uno degli aspetti che un centro destra a caccia di leader dovrebbe tenere presente considerando che raccoglierà l’eredità di un grande innovatore in materia di comunicazione politica. “Il centro destra per ricostituirsi deve recuperare le parole d’ordine che al momento sono un po’ confuse e deve trovare un leader che sappia veicolarle” – conclude Bocchino – “Poi certo la classe dirigente non si crea in scuole di formazione ma emerge dai territori”. L’esigenza della creazione di una nuova leadership politica echeggia anche nelle parole di Luigi Di Gregorio, Professore in S. Politiche presso l’Università della Tuscia e in passato dirigente del Comune di Roma sotto la giunta Alemanno. “L’Italia ha un problema serio di leadership perché si è appiattita verso il basso, da noi si parla di “mediocrazia”. La maggior parte dei nostri leader sono follower che seguono i nostri umori e i nostri istinti irrazionali. Questo ha portato di fatto ad una delegittimazione dell’intera classe politica”- sottolinea Luigi Di Gregorio – “E’ necessario il recupero di una visione di lungo periodo. In Italia non ce l’ha nessuno, in Europa invece c’è un solo leader, Angela Merkel”.
ITALIA TROPPO INTERESSATA ALLE CHIACCHIERA DA BAR?
Decisamente più scettico rispetto al reale interesse nei confronti della politica il contributo di Claudio Velardi, un passato da dirigente del PCI e capo dello staff dell’ex premier Massimo D’Alema, oggi comunicatore a tempo pieno. “Io non sono molto appassionato alla politica, preferisco cercare di capire quali sono quei meccanismi che impediscono ai cittadini di valutare in maniera razionale e più possibile oggettiva quello che avviene nella sfera pubblica, nella quale c’è anche la politica” – ci spiega Velardi – “La politica non è proprio in cima ai miei pensieri. Quando parlo di politica divento polemico perché non amo il modo in cui si affronta la politica in Italia, è chiacchiera da bar. Noi abbiamo una sola parola per intendere la politica, nell’inglese ne abbiamo due, politics e policy. Politics sono tutte le chiacchiere che facciamo noi a cui nel mondo anglosassone non danno alcuna importanza e poi ci sono le politiche, cose che si dovrebbero fare per mandare avanti la società. Alla prima non sono appassionato, alla seconda sì”.
TRA STORYTELLING E CONGRUENZA, IL FUTURO DELLA COMUNICAZIONE POLITICA ITALIANA
Il panorama politico italiano ha assistito all’ascesa, e alla caduta più o meno momentanea, di due grandi comunicatori, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Marchio di fabbrica dell’ex premier toscano è stato lo storytelling, termine sconosciuto ai più prima del suo ingresso nella politica nazionale. “Ha avuto una grande capacità narrativa nel momento della sua campagna elettorale”- dice Andrea Fontana, professore presso l’Università degli Studi di Pavia ed esperto di storytelling – “Ha funzionato il racconto della “rottamazione”. Ora dovrà inventarsi un nuovo racconto da proporre ai suoi elettori posizionati in un elettorato trasversale, ricercare questa trasversalità sarà la sua sfida”. Per Roberto Del Re, coach e comunicatore di professione, l’ex Premier è caduto sulla congruenza. “Il segreto del buon comunicatore è la congruenza. Non è importante solo come comunico ma se c’è aderenza tra quello che dico e quello che faccio” – dice – “Credo che l’ex Premier Renzi abbia mancato in congruenza, il più bravo, da questo punto di vista, è Alessandro Di Battista perché predica un certo modo di fare politica e poi va in giro in moto con lo zainetto. Un altro leader estremamente congruente è il Presidente Usa Donald Trump, il suo discorso è stato straordinario in particolare quando ha detto: “Questo non è un passaggio di potere tra Presidenti ma tra Washington e il popolo, spettacolare”.