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Così Papa Francesco condanna il terrorismo che abusa del nome di Dio

Papa Francesco

Un discorso ampio e articolato quello di Francesco agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. Il quarto del suo pontificato, nel quale il Papa guarda a tutto il mondo e non si limita ad un bilancio dell’attività diplomatica vaticana, ma indica una “prospettiva di cammino” per affrontare i temi della sicurezza e della pace.

IL TERRORISMO FONDAMENTALISTA

Nel centenario della lettera di Benedetto XV che nel 1917 definiva “inutile strage” il primo conflitto mondiale, Francesco riconosce come “milioni di persone vivono tuttora al centro di conflitti insensati. Anche in luoghi un tempo considerati sicuri, si avverte un senso generale di paura”. È uno dei punti più rilevanti dell’intervento di Bergoglio, che lancia la sfida ai leader religiosi per disarmare il “terrorismo di matrice fondamentalista”: “Nemica della pace è l’ideologia (…) nuove forme di ideologia si affacciano in nome del bene del popolo”, lasciando invece dietro di sé “povertà, divisioni e morte”. Ma è anche un richiamo a riscoprire valori forti: “L’estremismo e il fondamentalismo trovano un terreno fertile non solo in una strumentalizzazione della religione per fini di potere, ma anche nel vuoto di ideali e nella perdita d’identità – anche religiosa –, che drammaticamente connota il cosiddetto Occidente”.

SFIDA ALLE RELIGIONI E ALLA POLITICA

“Siamo consapevoli di come ancor oggi, l’esperienza religiosa, anziché aprire agli altri, possa talvolta essere usata a pretesto di chiusure, emarginazioni e violenze”. Riferendosi agli attacchi terroristici del 2016 in Afghanistan, Bangladesh, Belgio, Burkina Faso, Egitto, Francia, Germania, Giordania, Iraq, Nigeria, Pakistan, Stati Uniti, Tunisia e Turchia, Francesco ha detto: “Si tratta di una follia omicida che abusa del nome di Dio per disseminare morte, nel tentativo di affermare una volontà di dominio e di potere”. “Il terrorismo fondamentalista è frutto di una grave miseria spirituale, alla quale è sovente connessa anche una notevole povertà sociale”. Doppia origine e doppia cura: “Esso potrà essere pienamente sconfitto solo con il comune contributo dei leader religiosi e di quelli politici. Ai primi spetta il compito di trasmettere quei valori religiosi che non ammettono contrapposizione fra il timore di Dio e l’amore per il prossimo. Ai secondi spetta garantire nello spazio pubblico il diritto alla libertà religiosa” e “la responsabilità di evitare che si formino quelle condizioni che divengono terreno fertile per il dilagare dei fondamentalismi”. Nel concreto, “ciò richiede adeguate politiche sociali volte a combattere la povertà, che non possono prescindere da una sincera valorizzazione della famiglia, come luogo privilegiato della maturazione umana, e da cospicui investimenti in ambito educativo e culturale”.

SGUARDO AL MONDO

Parlando nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, Francesco ha fatto riferimento a specifiche zone di tensione e di guerra. A cominciare “dall’atroce conflitto” in Siria, con un “appello alla comunità internazionale perché si adoperi con solerzia per dare vita ad un negoziato serio, che metta per sempre la parola fine al conflitto, che sta provocando una vera e propria sciagura umanitaria”. Lucidissimo sul problema israelo/palestinese: “Nessun conflitto può diventare un’abitudine dalla quale sembra quasi che non ci si riesca a separare. Israeliani e Palestinesi hanno bisogno di pace”. Bergoglio ha anche sottolineato l’instabilità e la violenza in Yemen, Iraq e Libia, dicendo: “tutto il Medio Oriente ha un urgente bisogno di pace”. Quindi uno sguardo sull’Asia: sconcerto per i test nucleari condotti dalla Corea del Nord, e pensiero al Myanmar, “affinché si favorisca una pacifica coesistenza e, con l’aiuto della comunità internazionale, non si manchi di assistere coloro che ne hanno grave e urgente necessità”.
Dell’Africa, Francesco ha citato Sudan e Sud Sudan, Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo, affinché sia compiuto “ogni sforzo a livello locale e internazionale per ripristinare la convivenza civile”.
Per l’America Latina, Bergoglio ha ricordato il miglioramento delle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba, nonché il processo di pace in corso in Colombia. Per il Venezuela ha indicato la necessità di “gesti coraggiosi”, lì dove “le conseguenze della crisi politica, sociale ed economica, stanno da tempo gravando sulla popolazione civile”.
Dell’Europa, Francesco ha segnalato in particolare il “processo di riunificazione di Cipro” e la preoccupazione per l’Ucraina, esprimendo infine la speranza che il vecchio continente ritrovi la propria identità “di fronte alle spinte disgregatrici”.

IMMIGRAZIONE: DIRITTI E DOVERI

Bergoglio è tornato anche sul tema della condizione degli immigrati e dei rifugiati: “Non si può ridurre la drammatica crisi attuale ad un semplice conteggio numerico”. Pur rimarcando il “diritto di ogni essere umano di immigrare” e “la possibilità di un’integrazione dei migranti nei tessuti sociali in cui si inseriscono”, ha sottolineato come “i migranti non devono dimenticare che hanno il dovere di rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti”. Facendo esplicito riferimento a Italia, Grecia, Germania e Svezia, che Francesco ha ringraziato per l’accoglienza di “chi ha bisogno”, ha richiamato tutti gli Stati a farsi carico dell’emergenza: “Il problema migratorio è una questione che non può lasciare alcuni Paesi indifferenti, mentre altri sostengono l’onere umanitario, non di rado con notevoli sforzi e pesanti disagi”.

NON TUTTO È NELLE MANI DELL’UOMO

Pur evidenziando la necessità della cura del creato, il Papa ha aggiunto: “È evidente che ci sono fenomeni che superano le possibilità dell’azione umana”. Riferimento ai terremoti in Italia, Ecuador e Indonesia. Anche la pace non si costruisce solo con lo sforzo dell’uomo: “Per i cristiani è un dono del Signore, acclamata e cantata dagli angeli al momento della nascita di Cristo: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.

NESSUN RIFERIMENTO ALLA CINA

Sono 182 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ottantotto di questi hanno ambasciate residenziali con sede a Roma. L’ultimo Paese ad avere allacciato relazioni diplomatiche è la Repubblica islamica di Mauritania (9 dicembre 2016). A questi Stati vanno aggiunti l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Molti osservatori si attendevano dal discorso al corpo diplomatico – il più importante dell’anno per la politica estera della Santa Sede – un riferimento alla Cina, con la quale si lavora da tempo per un accordo, almeno sulla nomina dei vescovi. Dal Papa, invece, nessun riferimento. Pechino è uno dei pochi stati al mondo a non avere relazioni diplomatiche con la Santa Sede.

PRIME REAZIONI

La stampa internazionale è al lavoro per riferire e commentare il discorso del Papa. Tra i primi, Andrea Tornielli, su Vatican Insider, evidenzia il richiamo “a politiche sociali contro il terrorismo fondamentalista”. Franca Giansoldati mette l’accento sul cambio di passo in tema immigrati. Titola Il Messaggero: “Rispettate leggi, cultura e tradizioni religiose dei paesi che vi ospitano”. Chiave di lettura dell’intervento di Bergoglio, per John Allen, è invece il “guanto di sfida” alle religioni: “Non uccidete in nome di Dio”, titola il quotidiano online Crux. Di “caratura particolare” del discorso di Bergoglio, scrive Franca Giansoldati, Avvenire: “Più che un discorso (il Papa, ndr) ha consegnato nelle mani degli ambasciatori dei Paesi accreditati una sorta di magna carta che è frutto e sintesi articolata del suo magistero e degli orientamenti perseguiti dall’impegno e dall’azione diplomatica della Santa Sede sulla scacchiera internazionale”.

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