Una dozzina di anni fa Carlo Trigilia, eminente sociologo e tra i più attenti studiosi dei problemi dello sviluppo locale, definì la condizione dell’Italia in termini di “dinamismo privato e disordine pubblico”. Dove, a ben vedere, il disordine pubblico era in qualche misura il presupposto del dinamismo privato. Da allora le cose sono peggiorate, perché il dinamismo privato si è sgonfiato e il disordine pubblico si è ingigantito. In questo senso, la condizione di Roma non è altro che una deprimente metafora di quella nazionale. Virginia Raggi è un sindaco certamente inadeguato, ma dobbiamo ammettere per onestà intellettuale che l’arte temeraria di vivere a debito annovera illustri precursori in tutte le amministrazioni capitoline dell’ultimo ventennio.
“Roma ladrona” è uno slogan odioso e stupido, siamo d’accordo. Ma, Francesco Rutelli, Walter Veltroni, Gianni Alemanno o Ignazio Marino con la fascia tricolore, la città eterna è stata fin qui guidata da una costellazione di interessi che ha trasformato la sistematica violazione delle regole in preziosa risorsa di ascesa sociale e politica. Una vicenda che si è conclusa in un disastro finanziario e in un conto salatissimo per i contribuenti. A questo punto, la giunta pentastellata dovrebbe capire che nessuna domanda di moralità e di rinnovamento può trovare ascolto se non è seguita da provvedimenti drastici, in grado di bonificare il retroterra economico del patologico disordine pubblico e del malsano dinamismo privato di una metropoli sempre meno degna di un Paese civile. Se la Raggi non se la sente o non è capace di sradicare privilegi, corporativismi e corruttela, si faccia da parte. Roma rischia di affogare in un mare di incompetenze tecniche, lotte intestine tra le diverse fazioni del M5s, veti incrociati delle consorterie municipali, ricatti delle organizzazioni d’interesse. Viene voglia di dire a Beppe Grillo (l’unico vero dominus del movimento): fermatevi finché siete in tempo, riconoscete di aver sbagliato e voltate pagina. In questo caso, se si dovesse tornare al voto forse potreste perfino riconquistare il governo del Campidoglio.