È sempre difficile recensire il libro di un amico, specialmente se si tratta di una persona con cui si é lavorato, anche se in reparti differenti, all’inizio della propria carriera per la medesima instituzione (la Banca mondiale). Si sono prese successivamente strade separate, vivendo spesso in continenti differenti e incontrandosi di tanto in tanto. Gli incontri sono stati più frequenti negli ultimi anni, una volta ambedue in quiescenza ai seminari dell’Istituto affari internazionai e ai concerti della stagione sinfonica del Santa Cecilia.
Oliviero Pesce e sua moglie Erminia sono le prime persone da cui io e mia moglie Patrice siamo stati invitati a cena (con un gruppo di altri italiani) nel loro appartamento di Georgetown quando lessero (sul Bollettino Settimanale della Banca Mondiale) che un altro italiano era stato assunto dell’istituto. In quella primavera del lontano 1968 (sono passati ben 50 anni!) anche io ero a Washington a completare i miei studi presso la School of advanced interntional studies (Sais) della Johns Hopkins University.
Oliviero chiamò il Sais, ebbe il mio telefono privato e partì l’inatteso graditissimo invito a cena, il modo migliore per introdurmi nella minuscola comunità di italiani che lavoravano nelle istituzioni finanziarie internazionali di Washington. Questo episodio è indicativo della profonda gentilezza che contraddistingue Pesce e si avverte nelle 220 pagine del suo libro. Il volume, L’educazione di un banchiere sbalordito, non è una biografia in senso stretto ma un racconto, un decennio per capitolo (come nel film “La Famiglia” di Ettore Scola), di episodi e aneddoti nei vari luoghi dove la professione lo ha portato (principalmente Roma, Washington, Los Angeles, Londra, Milano). Mentre il lavoro stesso del banchiere cambiava radicalmente. Man mano che i lustri passano, Oliviero Pesce si sente sempre più studente in modo che lo “sbalordisce”.
Più che una biografia è un “racconto di formazione”, una formazione che dura ancora perché è strettamente congiunta allo “sbigottimento” del banchiere (e anche risanatore di istituti decotti) ormai quasi ottantenne il cui mondo professionale cambia rapidamente sotto i suoi piedi. Ne percepisce l’esigenza ma “si sbigotta” ugualmente.
Non aspettiamoci un saggio di storia bancaria contemporanea, della “crisi bancaria che in varie fasi ha travagliato l’ultimo decennio”, delle misure, giuste o sbagliate adottate per attutirne gli effetti. Il racconto si snoda attaverso aneddoti, ricordi di incontri che banchieri e uomini di finanza noti al grande pubblico, episodi di famiglia di cui solo i suoi congiunti sono nel contesto di sessanta anni di un’Italia che cambia – dal dopoguerra, al miracolo economico, all’autunno caldo con riferimenti ai vari “mondi” in cui Pesce viveva e lavorava. Sempre con allegria.
Nell’ultimo fascicolo del paludatissimo The Economic Journal, Alex Bryson del National institute of economic and social research e George Mckerron della Università del Sussex pubblicano un dotto saggio econometrico su dati di 39 tipologie di professioni e lavori: Are You Happy While You Work? (Sei contento quando lavori?). È un po’ la versione accademica del messaggio di Oliviero Pesce.
Oliviero Pesce
L’educazione di un banchiere sbalordito
Edizioni Clichy, San Miniato 2016
pp.224, euro 18