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Compagnia San Paolo, come fluttuano i rapporti fra Chiara Appendino e Francesco Profumo a Torino

“Si dimetta. Francesco Profumo deve fare un passo indietro, non abbiamo condiviso la sua nomina”. Chiara Appendino non lo aveva mandato a dire al presidente della fondazione Compagnia di Sanpaolo, primo azionista di Intesa Sanpaolo, con in cassaforte un gruzzolo che ha sempre fatto gola ai sindaci.

Era il 19 giugno 2016. Ma la politica, anche quella a 5stelle, ama le giravolte. Così arriviamo a febbraio 2017 e la sindaca di Torino esterna: “Profumo sta facendo un buon lavoro e con lui si lavora bene”. Pace fatta e assegno staccato. Non si tratta di quisquiglie. Ben 6 milioni sono stati destinati, su richiesta della sindaca, alla ristrutturazione del vecchio villaggio olimpico, uno dei bubboni della città, per via del degrado e delle occupazioni abusive soprattutto da parte di extracomunitari.

Il bello è che Profumo era stato indicato a capo della fondazione dall’ex sindaco Piero Fassino e anche lui aveva chiesto aiuto per risolvere il problema del villaggio olimpico ma non si approdò a nulla. Al nuovo sindaco invece Profumo ha risposto sì e firmato l’assegno, pur se qualcuno del comitato di gestione ha espresso perplessità per l’ammontare dell’importo e anche perché questo fiume di denaro dovrà ovviamente essere drenato da altre finalità, filantropiche e culturali. Ma il calumet della pace a volte può essere costoso. Inoltre la fondazione era finita in passato nell’occhio del ciclone accusata di destinare l’80% delle proprie risorse al capoluogo e quindi per le altre città rimanevano solo spiccioli. Di qui una promessa di riequilibrare gli interventi che però sembra disattesa tra non poche polemiche politiche poiché in tempi di crisi dei bilanci comunali l’aiuto all’Appendino potrebbe penalizzare gli altri sindaci della regione per lo più Pd e con le elezioni alle porte riuscire ad avere denari da investire può risultare decisivo per il risultato delle urne.

Le mosse della fondazione sono quindi piuttosto delicate e anche per questo fanno clamore i 6 milioni sborsati per il villaggio olimpico. Non solo. Profumo s’è anche impegnato a dare l’incarico a un architetto per il restyling, una figura professionale che sarà scelta in accordo col Comune e sembra lavorerà in un ufficio comunale. Qualcuno ha parlato di “assunzione per conto del Comune”, impossibilitato a farla per via del blocco degli organici. In ogni caso è un altro gesto di buona volontà verso la nuova amministrazione comunale.

Torino sta quindi vivendo il singolare compromesso storico tra i 5stelle e il superpotere forte della città. A chi gli fa notare l’anomalia di questo embrasson nous dopo le dichiarazioni di guerra della sindaca, Francesco Profumo non si scompone: “Abbiamo buoni rapporti istituzionali. Il nostro ente ha 454 anni, ha una sua reputazione e rapporti molto solidi che perdurano nel tempo. La politica ha tempi molto più limitati e loro priorità. Le scadenze elettorali sono frequenti, fortunatamente c’è un’istituzione come la nostra che guarda più avanti”.

La Compagnia di San Paolo conta di erogare quest’anno 159 milioni. Ai primi posti le politiche sociali (54 milioni), ricerca e sanità (45 milioni), beni culturali (30 milioni), attività filantropiche (9 milioni) sostegno al volontariato (7 milioni).

A differenza di Virginia Raggi, con le polemiche provocate dalle sue nomine e ultimamente anche dall’appoggio alla protesta turbolenta dei taxisti, Chiara Appendino ha scelto un profilo soft e dopo la pace con Profumo ha siglato anche quella col presidente della Regione, Sergio Chiamparino, dopo qualche battibecco post-elezioni e le divergenze sull’allontanamento di Patrizia Asproni, presidente della Fondazione Musei, killerata dalla sindaca dopo l’annullamento dell’attesa mostra su Édouard Manet, e difesa da Chiamparino. Così come il presidente della Regione non digerì un certo lassismo quando gli editori decisero di traslocare la loro Fiera del libro da Torino a Milano, con uno smacco d’immagine e una perdita di business notevole per la città. I due sembravano destinati alla guerriglia, invece è poi scoppiato l’idillio, tanto che per indicare il momento politico torinese è stato coniato il termine Chiappendino.

Un paio di settimane fa l’intesa tra i due ha raggiunto il top con la nomina a presidente della fondazione Crt, azionista di Unicredit, di Giovanni Quaglia, ex segretario della Dc di Cuneo, poi consigliere regionale, quindi consigliere d’amministrazione di Unicredit. Appendino e Chiamparino si sono trovati d’accordo sul suo nome. E Quaglia all’atto dell’insediamento ha ringraziato: “Da soli si può correre, ma solo insieme si può andare lontano, perciò intendo costruire una fondazione che non si isola, avendo un forte senso di appartenenza e impegnandosi a interagire con le comunità di riferimento, come la città di Torino e le realtà territoriali del Piemonte e della Valle d’Aosta”.

L’unico “nemico” della Appendino rimane l’ex sindaco Piero Fassino, tuttora bacchettato per avere effettuato alcune nomine (tra cui quella di Profumo) negli ultimi mesi del suo mandato, forse nella certezza, poi rivelatasi errata, della sua riconferma. “Trovo sbagliato per un sindaco2, dice Chiara Appendino, “fare una nomina all’ultimo. Cambieremo lo statuto e introdurremo il semestre bianco, vale a dire che negli ultimi mesi di mandato nessun sindaco potrà fare nomine, io e chi verrà dopo di me”.

Inoltre lei addossa a Fassino i problemi di bilancio: “Ci saranno 30 milioni in più di cui questa città dovrà farsi carico dopo l’intervento della Corte dei conti sul rendiconto 2014, quando alla guida c’era ancora la coalizione di centro-sinistra. Dovremo continuare i controlli per verificare quali sono le eventuali spese degli anni passati che dovremo ricoprire nei prossimi”.

Insomma, se ci sarà l’aumento delle imposte comunali o i tagli ai servizi il colpevole è bello e servito. Senza che nessuno lo difenda. Sia Chiamparino che Profumo guardano le stelle.

(Articolo pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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