Una coda di ulteriori oneri e svalutazioni per 162 milioni di euro nell’ultimo spicchio dello scorso anno e la debolezza del mercato petrolifero hanno penalizzato ancora Saipem, che ha centrato solo in parte gli obiettivi di bilancio. Il 2016, stando ai dati preliminari comunicati dalla società di ingegneria petrolifera, si è chiuso con un risultato netto negativo per circa 2 miliardi di euro, accusando svalutazioni e oneri da riorganizzazione per ben 2,3 miliardi, che si confrontano con i – 806 milioni dell’esercizio 2015, quando le perdite di valore avevano pesato per 298 milioni.
Non è del tutto una sorpresa comunque, perché, come ricordato dall’amministratore delegato Stefano Cao (nella foto), già in occasione dei conti dei nove mesi il mercato era stato avvertito del fatto che l’impatto definitivo degli impairment test si sarebbe rivelato interamente solo alla fine dell’esercizio. Su questa base Saipem affronta un 2017 che presenta ancora molte incognite. “Nonostante il prezzo del petrolio abbia trovato una sua stabilità, perché a quanto pare l’accordo Opec sta tenendo”, ha spiegato Cao a MF-Milano Finanza, 2le compagnie petrolifere non hanno aumentato i capex. Quindi abbiamo davanti un altro anno difficile, anche se Saipem può contare sulla copertura del proprio portafoglio-ordini. Abbiamo in casa quello che ci serve”. Il backlog infatti ammonta a 14,2 miliardi di euro e nel 2016 Saipem si è aggiudicata nuovi ordini per 8,349 miliardi di euro contro i 6,515 miliardi nel 2015.
La ripartenza vera e propria è rinviata al 2018. Le stime per l’esercizio in corso sono perciò coerenti con il contesto di mercato ancora sfidante descritto da Cao. Sul fronte dei ricavi, indicati a 10 miliardi di euro, si punta a mantenere i risultati in linea col 2016, mentre l’ebitda è atteso a 1 miliardo di euro. Questo perché la società ha ormai adottato criteri più selettivi per garantirsi una maggiore profittabilità delle commesse, oltre a rilanciare sull’implementazione del nuovo modello organizzativo e sul nuovo obiettivo di contenimento dei costi (1,7 miliardi di euro a fine 2017, di cui 650 milioni nel 2016). L’utile netto è previsto intorno ai 200 milioni di euro (compresi circa 30 milioni di oneri di riorganizzazione), nella parte bassa del consensus espresso dagli analisti, e gli investimenti tecnici a 400 milioni di euro. Nel corso di quest’anno, esattamente a maggio, andrà a regime la riorganizzazione del gruppo Saipem per divisioni, con le cinque entità legali separate e autonome, dedicate ciascuna a un settore di attività: costruzioni offshore e onshore, drilling offshore e onshore, attività e servizi di ingegneria ad alto valore aggiunto. “La divisionalizzazione rende possibili alleanze con altri operatori”, ha spiegato Cao, che però al momento non si sbilancia sui nomi di eventuali partner.
Tornando ai numeri del 2016, i ricavi si sono fermati appena al di sotto dell’asticella dei 10 miliardi di euro, a 9,976 miliardi, in calo rispetto agli 11,5 del 2015. L’ebitda rettificato è però più che raddoppiato nel giro di un anno, passando a 1,266 miliardi dai 608 milioni dell’esercizio precedente. Appena al di sotto delle attese l’ebit, a 582 milioni di euro, in forte miglioramento comunque rispetto ai -154 milioni del 2015. Il risultato netto, depurato dalle svalutazioni, è positivo per 226 milioni (dai -508 milioni nel 2015), di cui 26 milioni nel quarto trimestre. Le stime della società lo indicavano però in circa 250 milioni . Meglio del previsto il debito netto, sceso a 1,45 miliardi dai 5,39 dell’esercizio precedente. “Il 2016 è stato un anno fondamentale per il rilancio di Saipem”, ha commentato ancora Cao. “Sono state portate a termine tutte le azioni per accompagnare l’uscita dal perimetro di consolidamento dell’Eni. Ricordo l’aumento di capitale, il rifinanziamento del debito, la prima emissione obbligazionaria. A fine anno abbiamo anche completato in anticipo il rimborso del bridge to bond”.
(Articolo pubblicato su MF/Milano finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)