Il governo Gentiloni, che, sul piano politico è in assoluta continuità, con quello che lo ha preceduto, si trova, in queste ore, a far fronte alle conseguenze degli errori commessi da tre anni a questa parte dal passato Governo nel campo della politica economica. Errori fatali verso l’Europa e verso l’Italia.
L’impostazione politica di Renzi è stata che, strappando all’Europa il consenso a un cammino di riduzione del debito pubblico più lento rispetto agli impegni assunti e da lui confermati, il Governo, usando quei margini, sarebbe riuscito a fare ripartire l’economia. L’Europa glielo ha concesso, stando alla finestra e aspettando il momento per presentare il conto finale. Ora il conto è sul tavolo.
Il ministro Padoan è nell’angolo: non può negare che all’Italia sia stato concesso più o meno quello che aveva preteso, ma, con la disoccupazione dei giovani al 40%, non ha alcun risultato positivo da rivendicare. Il rapporto fra debito pubblico e reddito nazionale, che l’Italia si era impegnata a far scendere, a partire dal 2016, di 5 punti l’anno, sta salendo. Ed è evidente che, così continuando, è destinato a salire ulteriormente. L’Europa non è più incline ad ulteriori concessioni, anche perché la debolezza verso l’Italia rischia di essere uno dei temi agitati dalle opposizioni nella ormai vicina campagna elettorale tedesca.
Partendo da una situazione più degradata, davanti a noi vi sono solo due strade: quelle fra cui bisognava scegliere fin dal 2014. O si accetta la richiesta europea di stringere la cinghia della spesa pubblica per mettere in sicurezza il debito, pur sapendo che questo spingerebbe il Paese in una stagnazione ancora più grave dell’attuale.
Oppure – poiché la prima strada è da respingere – per una vera ripresa economica si deve fare una manovra ben studiata di forti riduzioni delle tasse e di maggiori investimenti pubblici da presentare all’Europa come la scelta inevitabile dell’Italia. Ovviamente mancheremmo per un certo tempo gli obiettivi di ridurre il deficit e il debito con tutte le incognite legate, giunti a questo punto, con le reazioni dei mercati e della Commissione Europea. Ma l’Italia si presenterebbe finalmente con un quadro serio di politica economica che per l’Europa sarebbe difficile respingere a priori.
Avrà la forza il governo Gentiloni di guardare con chiarezza a questo problema e prendere una vera iniziativa politica? E potrebbe il ministro dell’economia essere l’interprete di una politica così radicalmente diversa? Pare proprio di no. Sembra, infatti, che il Governo abbia già capitoilato di fronte alle richieste dei falchi tedeschi e di una Commissione rigorosa. Peccato: è in frangenti come questi, dalla capacità di sparigliare il gioco, che si misurano i veri leader politici.