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Cosa succederà a Fca di Marchionne con Peugeot-Opel

I ceo del settore auto sono tutti concordi nel ritenere che il settore a livello mondiale ha bisogno di un altro round di consolidamento. Soprattutto nel settore mass-market i margini sono talmente ridotti che necessariamente le case devono trovare economia di scala. E, con il tempo che erode sempre più questi margini, anche le alleanze strategiche sui modelli (quelle che mettono a fattor comune le piattaforme produttive) sembrano ormai diventate armi spuntate.

L’ipotesi Peugeot-Opel rientra perfettamente in questo quadro. Il gruppo Psa potrebbe ridurre i costi di produzione per un mercato (quello europeo) che è strategico per la casa francese. Mentre General Motors uscirebbe di fatto dal Vecchio Continente, area che per il colosso di Detroit non è strettamente strategica e che ha registrato perdite per 257 milioni di dollari nel 2016 e per 813 milioni nel 2015. Soprattutto l’Europa è costata a General Motors qualcosa come 8 miliardi di dollari negli ultimi sette anni, ovvero dal 2009, quando Opel era contesa dagli austriaci di Magna e dalla Fiat , che si era appena assicurata il controllo di Chrysler e tentava di piazzare il doppio colpo in pochi mesi.

I nein della Merkel prima all’opzione Fiat (si dice che i rapporti tra la cancelliera e Marchionne non fossero idilliaci) e poi alle avances di Magna convinsero General Motors a tenersi la controllata europea. Ora questo scenario, vista l’immediata reazione del governo di Berlino (si veda altro articolo in pagina), potrebbe ripetersi, considerando le conseguenze occupazionali che un’eventuale acquisizione di Opel da parte di Peugeot potrebbe comportare negli stabilimenti tedeschi.

In ogni caso l’operazione emersa ieri potrebbe essere il segno che il round di consolidamento tanto evocato è al via e presto potrebbe coinvolgere altre case. Ieri negli Stati Uniti ci si domandava per esempio se il ritiro di General Motors dall’Europa sia da considerare definitivo o temporaneo. Detroit infatti potrebbe correre ai ripari costituendo un’alleanza con un altro gruppo presente nel Vecchio Continente. In questo caso chi meglio di Fca potrebbe riempire questo vuoto, dato che Sergio Marchionne dalla scorsa estate non chiede altro che poter unire Fca (ormai orfana di Ferrari) a General Motors.

Ma in America ci si chiedeva anche perché GM dovrebbe siglare un accordo con Fca che comporterebbe un problema non da poco negli Stati Uniti in quanto un’eventuale aggregazione tra la prima e la terza casa auto degli Usa implicherebbe inevitabilmente una sovracapacità produttiva negli impianti americani e dunque imporrebbe una razionalizzazione del lavoro. E ciò non rientra – almeno a parole – nei desiderata del neopresidente Donald Trump, che in più di un’occasione ha dichiarato di voler difendere il lavoro americano (lo ha ripetuto in occasione della convocazione alla Casa Bianca dei ceo di GM, Ford e Fca qualche giorno dopo essere entrato ufficialmente nell’Oval Office).

Il Lingotto comunque resta tra i protagonisti più attesi del nuovo round di consolidamento e MF-Milano Finanza a metà gennaio ha rivelato che advisor internazionali stanno lavorando a un piano per portare il Lingotto nelle braccia di Volkswagen nel medio termine. Prima però è necessario che entrambe le case risolvano alcuni dei loro problemi (riduzione del debito per Torino e scandalo Dieselgate per Wolfsburg). Poi tutto sarà possibile. Anche gli scenari ora meno attesi.

(Articolo pubblicato sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi)


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