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Come si muove l’Italia in Africa e in Medio Oriente. Parla Calenda

Carlo Calenda

Nella seconda giornata di EY Strategic Growth Forum, il meeting internazionale organizzato il 9 e 10 febbraio a Roma da Ernst & Young sulle prospettive economiche dell’area mediterranea, sono intervenuti, fra gli altri, i professori Jean-Paul Fitoussi, Luciano Floridi e il ministro Carlo Calenda. Ecco cosa hanno detto rispettivamente su rivoluzione digitale, conseguenze macroeconomiche dei flussi migratori e rapporti fra l’Italia e i paesi Euromed.

L’INTERVENTO DEL MINISTRO CALENDA

A conclusione del forum è intervenuto il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che ha puntato l’accento sulle relazioni economiche e industriali dell’Italia con i paesi dell’area mediterranea, ciascuna con le sue specificità: “E’ molto difficile considerare quest’area come qualcosa di omogeneo, presenta diverse strutture politiche ed economiche e differenti livelli di sviluppo, ma l’Italia è presente in tutti i cluster subregionali che ne fanno parte, il Nordafrica, Medio Oriente, il Golfo e l’Eu Med. Abbiamo rafforzato le nostre relazioni economiche con il Nordafrica, la Turchia e con i paesi del Golfo, con modalità diverse. Con il Golfo abbiamo relazioni forti che stanno crescendo molto velocemente e assistiamo, inoltre, a un grande flusso di investimenti da questi paesi verso l’Italia, in particolare in banche e grandi gruppi industriali. In Nordafrica l’Italia ha una presenza industriale molto importante, specialmente in Egitto e in Tunisia, si tratta sia di industrie tradizionali, come il tessile, che di cementi e materiali da costruzione”.

INVESTIMENTI IN CRESCITA NELL’AREA EUROMED

“Il report evidenzia un cambiamento di umore, rispetto al passato recente”, continua il ministro, “C’è una maggiore propensione agli investimenti, sia commerciali che produttivi e questo è evidente osservando le prospettive degli imprenditori italiani; la situazione resta intensa dal punto di vista politico e del mercato, ma è in miglioramento. La Tunisia, per esempio, ha fatto enormi passi avanti e ha con l’Italia una forte relazione, specialmente in ambito energetico”.

REGISTRARE, COMUNICARE E PROCESSARE I DATI. LE RIVOLUZIONI DELL’INFORMAZIONE

Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, faculty fellow e chair del Data Ethics research Group dell’Alan Turing Institute, intervistato ieri da Hanne Jesca Bax, Emeia Managing Partner Markets & Accounts, durante il panel “The role of the Mediterranean as part of the great digital transformation”, su come è cambiata l’informazione in seguito alla digitalizzazione, ha spiegato: “Registrare le informazioni (invenzione della scrittura), comunicarle (l’introduzione dei libri) e, oggi, processarle (con i nuovi dispositivi tecnologici), sono stati i tre step cruciali, che hanno provocato un enorme cambiamento sociologico, dal totale anonimato del secolo scorso alla tutela della privacy, vista oggi come un valore da proteggere”.

IL LAVORO DEL FUTURO? STA NELLE INTERFACCE DEI NUOVI DISPOSITIVI

Sui mutamenti che interessano il mondo delle imprese Floridi ha sottolineato che le company più mature come Google, Microsoft o Ibm hanno compreso dove risieda, oggi, il successo di un’azienda, e cioè “nell’etica, nell’individuare cosa piace e cosa non piace alle persone e quale sia l’aspetto socialmente più accettabile del loro business”, mentre sulla caduta dei vecchi posti di lavoro dovuta alla rivoluzione digitale il professore ha rintracciato nell’interfaccia delle nuove tecnologie la chiave per creare nuova occupazione. Interfacce sempre più friendly hanno dato la possibilità direttamente agli utenti di mettere in comunicazione due dispositivi (il motore di un’auto con il gps, la cassa di un supermarket con il codice di un prodotto), dunque “se vogliamo sapere quali lavori spariranno, dobbiamo guardare alle interfacce e se vogliamo capire da dove il lavoro arriverà, dovremo guardare alle nuove interfacce di cui avremo bisogno: ci saranno contesti in cui due dispositivi non saranno connessi e qualcuno dovrà farlo per noi o per la nostra azienda”.

I PARADOSSI DELL’IMMIGRAZIONE, FRA ECONOMIA E POPULISMO

L’immigrazione e i suoi paradossi, il rapporto con la macroeconomia e il populismo sono stati al centro dell’intervento di Jean-Paul Fitoussi, professore emerito dell’Institut d’Etudes Politiques de Paris (SciencesPo) e professore all’Università LUISS Guido Carli, che ha tenuto il keynote speech “Migratory flows and the impact on the economy”. “L’immigrazione accresce la popolazione e il tasso di crescita dell’economia (dovuta a una maggiore produzione), ma ciò non comporta una produzione crescente pro capite. Inoltre, da un lato porta a una maggiore competizione all’interno delle fasce di popolazione meno qualificate e dall’altro ha risolto alcuni problemi nei paesi di arrivo, ma cosa succede quando diventa un fenomeno di massa e non è pianificato? Che la competizione aumenta e le persone si oppongono”.

“Il populismo sta crescendo ogni giorno di più in Europa, soprattutto dove la disoccupazione è estremamente diffusa, ma ciò accade anche nei paesi scandinavi, dove il sistema di redistribuzione funziona e le performance economiche sono molto positive. Quindi perchè accade? Perchè ci sono ragioni politiche”, ha detto. “Le policy sull’immigrazione dovrebbero innanzitutto tener conto della distinzione fra rifugiati e immigrati economici e programmare aiuti significativi per lo sviluppo dei paesi di provenienza. Un esempio positivo viene dai paesi dell’est Europa, dove i paesi del nord stanno investendo e dove la qualità della vità si è elevata in modo significativo negli ultimi anni”.



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