Nel discorso “quasi fondativo” che Papa Francesco ha rivolto alla Civiltà Cattolica ha parlato di “inquietudine, incompletezza e immaginazione”, indicando che “oggi c’è spazio in una riflessione in mare aperto”. Meglio se in un luogo come Roma, “città internazionale dove risiede non solo un grande leader religioso ma un grande leader morale del nostro tempo”. Queste le parole del direttore padre Antonio Spadaro, pronunciate durante la celebrazione, presso la propria sede, del numero 4000 della rivista. O meglio di “una storia iniziata 167 anni fa”, prima che l’Italia fosse unita, e che ha dato vita alla rivista culturale più antica d’Italia. Una “rivista militante”, ha affermato Spadaro, con il “compito di fare opinione e giocare nell’agone”.
“LA TENTAZIONE IDENTITARIA È LA NECROSI DEL CRISTIANESIMO”, HA DETTO PADRE SPADARO
“Oggi avvertiamo nel mondo, e tra i cattolici, la tentazione forte di serrare le fila e di opporre al caos percepito la risposta di un cattolicesimo intransigente e identitario che è la necrosi del cristianesimo”, ha affermato Spadaro. Mentre al contrario “La Civiltà Cattolica non è una bolla chiusa in sé stessa né alimenta rancori nei confronti di un mondo che sembra ormai perso e quasi abbandonato da Dio”, e “non è costruita sull’intransigenza dei puri, che uccide lo spirito”. Ma “vogliamo abbracciare la nostra storia – ha continuato Spadaro – e in fondo per noi la questione della modernità e del rapporto con la Chiesa ha a che fare esattamente con il discernimento”. Mentre “il pensiero rigido non è divino ma morto”, ha concluso Spadaro: “E noi non siamo una rivista sarcofago, ma vogliamo avere un pensiero vivo”.
“BERGOGLIO STA NELLA MODERNITÀ DA PROTAGONISTA” DICE LA SENATRICE EMMA FATTORINI
“Per la mia generazione gesuitismo significava opportunismo”, dice la storica e senatrice Emma Fattorini: “In maniera quasi caricaturale”. Ma la storia dei gesuiti “si interseca a quella dello Stato nazionale”, e “la rivista rappresenta quel percorso di avvicinamento della cultura cattolica nazionale alla modernità, che vide i gesuiti protagonisti, e la Civiltà Cattolica testimone”. Nonostante le “ostilità verso personaggi impegnativi come Manzoni, Maritain, Don Milani”, e i numerosi errori, come “sulla questione ebraica”, da cui però vennero in seguito anche “le aperture più significative”. Ma “ora abbiamo papa Bergoglio”, conclude la senatrice, che è “più che un’evoluzione del rapporto con la modernità, ma uno starci dentro da protagonisti”.
“NELLA GEOPOLITICA DELLE EMOZIONI DOBBIAMO INSISTERE SULLA VICINANZA A FRANCESCO” HA DETTO LO STORICO ANDREA RICCARDI
“Si festeggia la longevità di un’impresa paragonabile solo alla Revue des Deux Mondes del 1829 o alla Nuova Antologia del 1866”, ha poi detto lo storico Andrea Riccardi. E con le edizioni in varie lingue e la presenza sui social, “ci mostra la volontà di varcare le frontiere”, che è il senso stesso della rivista: “Comunicare oltre di esse stando vicino al papato”. Ovvero “il potere”, che in genere “produce giornali di corte”, ma che al contrario “non lo è mai stata” perché “gruppo culturale autonomo”. Facendo cultura in un mondo dove “c’è la deculturazione del religioso, e dove la cultura è paganesimo, da rifiutare”. Ma come diceva Émile Poulat, ha continuato lo storico, “il cristianesimo è intransigente perché vuole costruire un’altra civiltà”. Che non è “integralismo e tradizionalismo”, ma “è “discutere, intepretare, fare apologetica e cultura”: la “fedeltà al papa nell’autonomia è un criterio ermeneutico di lettura della realtà”, e “in questo tempo di geopolitica delle emozioni è giusto insistere sulla recezione di Francesco, per nulla scontata”.
“MI SPAVENTA LA HYBRIS DELLA SEMPLIFICAZIONE E DEL FATTIBILE” HA DETTO GIULIANO AMATO
“Del nostro tempo mi sgomenta il semplicismo con cui si rifiuta l’imperfezione”, ha detto l’ex primo ministro Giuliano Amato. “E dalla storia io mi aspetto prove di imperfezione”, ha proseguito: “Sono rimasto colpito da queste tre parole del papa (nella copertina del numero 4000, ndr): ponte, frontiera e discernimento. Il centro dei temi del nostro tempo, dove il problema sono le frontiere al di là di cui non dobbiamo andare”. Amato ha così parlato della “hybris della semplificazione” e del “fattibile”, pensando cioè alle sperimentazioni sull’embrione, o alla “prole senza sesso”. “Qual è il confine?”, ha chiesto Amato: “Si tratta di una questione etica”. L’invito perciò “è di stare sulla frontiera per evitare il rischio di perdere cognizione”, dove il confine resta la “dignità della persona”.