Un sindacato che esca dalle stanze per ascoltare chi è in difficoltà e per elaborare proposte a difesa dei lavoratori. Giovanni Sgambati, neo segretario della Uil in Campania, in uscita dalle pastoie del commissariamento, invoca un ritorno alle origini per affrontare “l’urgenza più grande, quella occupazionale”. Soprattutto al Sud, come ha dimostrato la querelle delle ultime ore fra il governatore campano Vincenzo De Luca e il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti.
Al presidente della Regione che rilanciava il suo piano per assumere 200 mila giovani meridionali con 2,6 miliardi – “il 5% di quanto lo Stato dà come incentivi alle imprese” -, De Vincenti ha risposto seccamente: “Prendo le distanze da De Luca: per noi il punto chiave è rimettere in marcia l’economia del Sud. Sarebbe troppo comodo creare posti nel settore pubblico”. “Io non posso dar torto né a De Luca né a De Vincenti – spiega Sgambati -: certo non è risolvibile tutto nella Pubblica amministrazione ma è pur vero che occorre fornire uno stock occupazionale – anche di dimensioni più modeste rispetto a quelle richieste da De Luca – per dare un segnale, in particolare nei confronti dei giovanie delle donne”.
Secondo Sgambati, per anni a capo dei metalmeccanici della Uil in Campania, “un segnale va dato anche in realtà come Almaviva perché i licenziamenti di massa rischiano di destabilizzare ancora di più e di allontanare la fiducia nel futuro”. Il segretario della Uil Campania denuncia un rischio molto forte oggi, soprattutto fra le nuove generazioni: quello di pensare che si è soli e che si debba fare tutto in modo autonomo. “Anche l’uso dei social – rileva – porta spesso le persone a pensare che i problemi si risolvono individualmente. Bisogna invece usare un linguaggio semplice e chiaro per attrarre la capacità di ragionare insieme e di non arrendersi a credere che si sta andando verso un declino inesorabile. E se in questo non ci impegnassimo noi che crediamo nella difesa del lavoro, faremmo un errore clamoroso”.
Anche per questo Sgambati punta a ripartire dall’antico modo di fare sindacato, per la gente ma anche tra la gente: “Nel mio breve discorso di insediamento ho insistito sull’importanza di tornare alle nostre origini. Spesso ci accapigliamo in riunioni su riunioni, bisogna invece frequentare i luoghi di lavoro, le fabbriche, andare ad ascoltare i cittadini in difficoltà e i pensionati. Se un sindacalista non si misura con la capacità di ascolto e poi non sa elaborare proposte adeguate, rischia di offrire un’idea lontana del suo mondo. Occorre tornare a lavorare dal basso”. D’altronde, “è insito nel nome stesso del sindacato: impegnarsi a risolvere le ingiustizie e a elaborare proposte che portino a trovare intese oppure a scegliere strumenti – anche tradizionali – per azioni di lotta che conducano poi le parti a un accordo”.