Ad aprile in Francia si voterà per il prossimo Presidente della Repubblica. L’opinione pubblica europea osserva con preoccupazione una possibile, seppure improbabile, vittoria di Marine Le Pen, ma il vero favorito – complice il crollo dei partiti tradizionali – è l’outsider Emmanuel Macron, 39 anni, indipendente.
Per il paese si tratta delle elezioni più attese nel tentativo di dare una svolta ad un’economia da troppo tempo stagnante. Sul piatto anche i problemi legati al terrorismo islamico, la cui causa – nonostante gli appelli della destra – sembra affondare più nel disagio sociale delle banlieues metropolitane che nell’immigrazione. Per l’Europa si tratta dell’ennesima sfida per la sua sopravvivenza: vincerà un candidato europeista? O l’ondata populista del post-Brexit e post-Trump colpirà anche uno dei tre paesi fondatori dell’Unione?
La situazione. Ancora nella prima metà di gennaio, la corsa al ballottaggio – centrale nel sistema elettorale francese – sembrava ridursi a due candidati: da una parte Le Pen e dall’altra Fillon, con quest’ultimo dato vincente sia al primo turno – grazie al 29% delle intenzioni di voto – che al secondo. Staccati tutti gli altri e quello che rimaneva del Partito Socialista (PS), allora ancora senza un candidato e schiacciato dal fallimento della Presidenza Hollande. La situazione è poi cambiata e un recente sondaggio, commissionato da Paris Match, vede Marine Le Pen – Front National – prima col 25% dei voti, seguita da Emmanuel Macron (21%), François Fillon – Les Républicains – (18,5%), Benoit Hamon – Partito Socialista – (16,5%) e, infine, il candidato dell’estrema sinistra Jean-Luc Melanchon (10%). La spiegazione? Il caso Fillon e la rinascita dei socialisti.
La caduta di Fillon. A dicembre l’uomo del momento era François Fillon, il quale aveva vinto le primarie dei Repubblicani – il centro destra francese – battendo, fra gli altri, l’ex-Presidente Sarkozy, e guardando all’elettorato di destra sulla sicurezza e ai liberisti per le politiche economiche. Il programma di Fillon proponeva il taglio del settore pubblico, l’innalzamento dell’età pensionabile, l’aumento dell’orario di lavoro – attualmente in Francia sono in vigore le 35 ore – e una serie di norme “anti-Terrorismo”, fra cui l’espulsione immediata degli “immigrati a rischio”, l’aumento del budget alla difesa e la consegna di armi alla polizia municipale. Nonostante la sua dichiarata volontà di aperture politiche alla Russia, l’intento di Fillon era di riallineare economicamente la Francia alla Germania ed al blocco nord-europeo, scostandosi dalla politica pro-Mediterraneo di Hollande, ma allo stesso tempo distaccandosi dalla politica pro-immigrazione di Angela Merkel. La sua campagna è deragliata in seguito allo scandalo, scoperto dal giornale satirico Le Canard Enchainé, secondo il quale la moglie Penelope avrebbe ricevuto negli ultimi dieci anni compensi per oltre 800.000 Euro in qualità di assistente parlamentare del marito, senza però aver mai prestato servizio come tale. A questo si aggiungerebbe un ulteriore compenso di 100.000 euro che madame Fillon avrebbe ricevuto per due articoli sul magazine La Revue dex Deux Mondes, rivista vicina al marito. L’inchiesta, ora in mano agli inquirenti, ha coinvolto anche i due figli della coppia, i quali avrebbero ricevuto 84.000 euro come compenso per alcune consulenze legali prestate all’ufficio politico del padre anche se non ancora abilitati in qualità all’esercizio della professione di avvocato. Nonostante Fillon continui a dichiarare che si tratti di “un colpo di stato giudiziario”, il 70% dei cittadini francesi è convinto che egli si debba ritirare dalla corsa presidenziale, un’idea che – dopo le prime reticenze – ha preso piede anche all’interno del partito, ma che è stata confutata in giornata dallo stesso Fillon.
L’ascesa di Macron. Il principale beneficiario della crisi del centro-destra – e prima ancora di quella dell’attuale presidente socialista Hollande – è Emmanuel Macron, ex-banchiere con un passato nel gruppo Rotschild, che da semplice outsider è balzato al ruolo di favorito nella corsa alla presidenza. Egli ha fatto parte dal 2014 al 2016 del governo Hollande in qualità Ministro dell’Economia, per uscirne allo scopo di fondare il movimento En Marche! – in Marcia! – e preparare la propria campagna presidenziale. Macron è un candidato particolare e capace di attirare a sé sia i voti degli elettorati tradizionali che parte del voto di protesta dei cittadini francesi. Europeista convinto e favorevole al rafforzamento politico dell’Unione Europea, Macron ha posizioni liberali, ma allo stesso tempo attente alla salvaguardia del sistema sociale francese, inoltre – diversamente dagli altri candidati – sarebbe favorevole a non chiudere le frontiere a immigrati e rifugiati. Dichiaratamente anti-sistema, egli propone di rivoluzionare un sistema politico che, dice, “ho visto dall’interno e ho rigettato”. In particolare la sua candidatura ha lanciato una seria ipoteca sull’elettorato socialista e, in misura minore, sul partito stesso, con effetti che colpiscono anche il centro e il centro-destra francese. Difatti, già in ascesa nelle ultime settimane del 2016, la deflagrazione del caso Fillon gli ha permesso di rosicchiare ulteriori voti al centro-destra, consegnando a Macron le chiavi del ballottaggio ed il ruolo di favorito nella corsa presidenziale dove, ad oggi, batterebbe Marine Le Pen con il 65% delle preferenze.
Il nuovo corso dei Socialisti. A sinistra, la repentina affermazione di un candidato dalla limitata esperienza politica quale Macron, è stata interpretata come una “bolla elettorale” causata dalla crisi del PS – dato a dicembre ad un modesto 6% – e di François Hollande. L’uscita dalla contesa elettorale dell’attuale Presidente hanno aperto la strada alle primarie dove è uscito vincitore Benoit Hamon, ex-Ministro dell’Educazione ed esponente della sinistra interna, con un programma che prevede la riduzione dell’orario di lavoro dalle 35 alle 32 ore settimanali e l’introduzione del reddito di cittadinanza. Questo gli ha permesso di risalire nei sondaggi fino al 16,5%, consolidandosi a sinistra. In un tentativo di contestare il voto centrista verso Macron – da lui definito di centro e non di sinistra – Hamon ha anche abbracciato alcune delle proposte della corrente moderata dei socialisti, soprattutto in materia di sicurezza. Grazie a questa rapida ascesa, Hamon potrebbe, a sorpresa, inserirsi nella contesa per il ballottaggio, e la sola possibilità che questo possa accadere è, in questa fase storica del Partito Socialista, già una vittoria. Il problema è il partito, dove, nonostante il successo iniziale della sua campagna, alcuni parlamentari socialisti – fra cui l’ex-Primo Ministro Manuel Valls – hanno deciso di supportare il “cugino” Macron”, rispetto “al falso fratello Hamon”.
Lady Frexit. Nonostante il tifo da parte di molti populisti europei – e l’apertura di una campagna internet contro i suoi avversari – per Marine Le Pen in ballo non c’è, in realtà, la possibilità di essere eletta in qualità di prima Presidente donna di Francia, ma la sua eredità politica. La sua vittoria in un ballottaggio è improbabile, perché qualsiasi suo avversario vedrebbe convergere su di se il voto anti-Populista, come successe a sua padre Jean-Marie contro Jacqués Chirac nel 2002. Conscia di questo, l’obiettivo realistico di Marine Le Pen sembra quello di riconfermare il Front National quale primo partito di Francia, lanciandone, con le presidenziali, la volata alle prossime elezioni legislative che si terranno a giugno. Reduce dalle vittorie alle europee del 2014 e dalle dipartimentali e dalle regionali del 2015, l’entrata in forze all’Assemblea Nazionale sarà la vera misura del successo politico di Marine Le Pen: fare quello che a suo padre non era mai riuscito, ovvero trasformare il Front National da partito territoriale e d’opinione a forza politica nazionale.
Mentre l’economia del paese rimane traballante, la campagna elettorale francese va avanti fra scontri interni, casi di nepotismo, cause giudiziarie e la lotta contro l’eredità paterna. Questo mentre gli altri paesi europei osservano, consci che parte del futuro dell’Unione si giocherà a Parigi, ad Aprile come a Giugno.
Originariamente pubblicato dall’autore su: il Caffè e l’Opinione